L'Autobahn di Nomos Glashütte, parla il designer Werner Aisslinger: «In Germania vogliono un tocco internazionale»

Il designer ha unito la sua grande creatività alla celebre qualità della casa tedesca

L'Autobahn di Nomos Glashütte, parla il designer Werner Aisslinger: «In Germania vogliono un tocco internazionale»
di Paolo Gobbi
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Mercoledì 14 Giugno 2023, 12:10 - Ultimo aggiornamento: 16:13

Unire con cura e precisione ogni dettaglio per ottenere un prodotto dalle caratteristiche eccezionali, questo potrebbe essere in sintesi il DNA di Nomos, manifattura tedesca indipendente. I suoi segnatempo sono realizzati a mano esclusivamente a Glashütte, ma per certi versi, sono nati a Berlino. Ed è qui che gli orologi vengono progettati e dove viene creato il celebre design. Abbiamo incontrato Werner Aisslinger, il designer autore della collezione Autobahn. Pluripremiato, dal Compasso d'Oro di Milano al Design Prize della Repubblica Federale Tedesca, al Red Dot Award fino all'FX Award nel Regno Unito, ci racconta com'è nato questo iconico modello.

Com'è nata la collaborazione con Nomos?

«Ai tedeschi piace lavorare con i designer. Normalmente, anche in Svizzera il mondo degli orologi è "chiuso e autoreferenziale", per Nomos è diverso e infatti un giorno mi hanno chiamato».

Forse perché in Nomos Glashütte si avvertiva il bisogno di qualcuno che si staccasse dalla Germania e riuscisse a creare un oggetto internazionale dal gusto globale?

«In Germania sono conosciuto come designer e quindi nel creare i prodotti c'è la volontà di un tocco internazionale. Tuttavia, c'era anche perplessità su quello che potevo proporre, perché in Nomos Glashütte l'orientamento estetico è molto basato sul gusto Bauhaus. L'obiettivo era realizzare un modello automatico maschile e io proposi un design sportivo. Dopo un confronto siamo giunti ad una perfetta sintonia».

Non è stato semplice.

«Per chi aveva delle basi consolidate da anni, c'era il timore che un collaboratore esterno potesse creare un qualcosa di radicalmente diverso, troppo lontano dal codice esistente della collezione.

Io però misi subito in chiaro che non avevo nessuna intenzione di aggiornare un qualcosa di già esistente, bensì volevo introdurre qualcosa di nuovo. Ma alla fine, tutti erano più che felici di quello che poi abbiamo creato e soddisfatti di aver collaborato insieme».

L'orologio è l'essenza combinata di forma e funzione. C'è spazio per la creatività?

«La sua domanda rappresenta la tipica problematica per noi designer. Ci sono dei parametri, come quando si disegna una sedia: dobbiamo rispettare l'altezza, la torsione, la stabilità. Ma il bello di essere designer è che possiamo essere creativi nonostante i limiti, perché possiamo espanderli. Questo è il gioco. Fare un qualcosa di nuovo, di diverso. Un artista non ha dei veri confini e quindi può fare quello che vuole».

Lei proviene dalla scuola tedesca della Bauhaus, ma ha lavorato anche in Italia. In termini di design cosa ci puoi dire?

«Che mi trovi completamente a favore dello stile di vita italiano! In Germania abbiamo un approccio molto ingegneristico e razionale, ma sono sempre stato attratto da quello italiano».

Quindi abbiamo una disciplina tedesca che si fonde con un'anima italiana?

«Esattamente! Sono cresciuto nella Bavaria meridionale, paragonabile un po' alla città di Bergamo. Mi sono sempre sentito connesso all'Italia, come tutti i tedeschi d'altra parte, visto che ci vanno sempre in vacanza. Tuttavia, lavorare in Italia è cosa ben diversa. Per il design e non solo, Milano rimane un posto attraente per lavorare. Non ci vai per la bellezza, per quella c'è Roma, Firenze o Venezia. A Milano ci vai per connetterti al ritmo del tempo. Ed è importante».

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