Latina, per bar e ristoranti ripartenza lenta: «Con l'asporto incassiamo solo le briciole»

Un bar del centro di Latina
di Bianca Francavilla
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Mercoledì 13 Maggio 2020, 05:55
Solo un 30% di ristoranti e bar della provincia di Latina ha aderito al take away, possibilità concessa da lunedì 4 maggio. Tra i commercianti la tensione è alta, soprattutto in vista della tanto attesa data della riapertura che porta con sé ancora molti dubbi. La data da segnare in rosso sul calendario è lunedì 18 maggio, ma non ci sono ancora linee guida che permettono ai commercianti di organizzarsi per ripartire ed il tempo a disposizione è poco. «Meglio l’asporto che il delivery – spiega Italo di Cocco, presidente di Fipe Latina - ma sono briciole». Secondo quanto riferito, da questa prima settimana della Fase 2 è emerso che le persone preferiscono una boccata d’aria che gli permetta di uscire per andare a prendere la cena e portarla a casa piuttosto che vedersela recapitare. Solo il 5% di bar e ristoranti, infatti, ha fino ad ora aderito al delivery. Tra le motivazioni anche il fatto che la consegna a domicilio si adatta solo ad alcuni tipi di pietanze come pizza e panini e che la pasta o i piatti di pesce restano esclusi. «I ristoranti che permettono ai clienti di andare a prendere sul posto la cena stanno lavoricchiando. Stanno cercando di economizzare sui costi di gestione per poter incassare qualcosa. Hanno dovuto fare uno sconto del 10% alla clientela – continua Di Cocco – che non avrebbe mai accettato di pagare lo stesso prezzo una frittura di pesce servita al tavolo e una da portare a casa».

Giampietro Bordignon, titolare di “Testa o croce” e “Basta poco”, racconta come stanno vivendo questo periodo surreale. «Abbiamo ricominciato a lavorare con le pinze – racconta - Non possiamo nascondere che ci sono alcuni disservizi, tra cui il fatto che noi titolari di bar e ristoranti non vendiamo solo un prodotto, vendiamo un’emozione. Gestire un cliente senza un saluto, un attimo di amicizia, non è la stessa cosa. Inoltre ci sono nuove difficoltà: gestire le prenotazioni, trasferire i dati da dietro la mascherina a distanza di sicurezza e avere a che fare con la clientela che aspetta in mezzo alla strada». Un’altra novità riguarda gli orari. «Alle 20.30 è tutto finito – continua Bordignon - Eravamo abituati a lavorare fino a tarda notte e invece ora abbiamo dovuto anticipare gli orari. Il servizio comincia alle 18.30 e dura due ore, non di più. Il sabato sera lavoriamo al massimo fino alle 21, quando prima continuavamo a sfornare pizze anche alle 23».

In merito alle tanto attese riaperture, i commercianti attendono linee guida per organizzarsi. «È la parte del problema che mi preoccupa di più – continua Di Cocco - Non mi piace parlarne... ma ci sono già attività che hanno riconsegnato le licenze e altre che hanno dichiarato che non riapriranno se le linee guida saranno troppo severe in merito alle distanze. Molti locali per ragioni di spazio potrebbero essere costretti a chiudere». Tra le preoccupazioni c’è anche la corsa contro il tempo. Mancano pochi giorni al 18 e le attività non hanno ancora indicazioni in merito a distanze da rispettare, protocolli da seguire, tavoli, ingressi, sanificazioni. «Senza i protocolli – spiega Ivan Simeone di Clai Assimprese Laziosud - non possiamo fare granché. C’è una grande voglia di tornare a correre e siamo disposti ad affrontare questa nuova sfida, ma finché non abbiamo indicazioni non possiamo organizzarci. Se ci sarà da rispettare solamente la distanza di sicurezza di un metro, l’obbligo delle mascherine e delle sanificazioni siamo pronti. Qualora le regole dovessero essere più rigide dobbiamo avere il tempo di adeguarci».
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