Latina, addio all'architetto Riccardo Cerocchi: visionario animatore culturale del capoluogo

Riccardo Cerocchi con il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano
di Vittorio Buongiorno
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Sabato 28 Ottobre 2017, 12:39 - Ultimo aggiornamento: 29 Ottobre, 15:41

Adesso è proprio lassù, che ci guarda dal crinale come l’uomo scarmigliato dipinto da Caspar David Friedrich, l’immagine che aveva scelto per la copertina della sua autobiografia «L’ottuagenario innamorato». Riccardo Cerocchi, l’architetto fondatore e presidente del Campus Internazionale di musica è morto ieri a 89 anni. Gli altri grandi vecchi della provincia pontina non me ne vorranno, ma Riccardo Cerocchi è stato il più grande animatore della vita culturale pontina. Nel 1968 quando fondò il Campus, aveva 40 anni e Latina appena 36. La città era un puntino sconosciuto sulla carta geografica. Ma per lui «la giovane età di Latina non è un limite, anzi la premessa per una forza che altri non hanno - raccontava nel 1998 - A Latina tutto con tutto il rispetto per i valori della storia, tutto si può dire tranne che si è intimiditi dalla tradizione, siamo liberi. E questa è proprio la caratteristica della modernità, dei nostri tempi». Così, cominciò a girare l’Italia e l’Europa, facendo arrivare a Latina e poi a Sermoneta i più grandi nomi della musica classica mondiale. Aveva un tale entusiasmo da farli innamorare di questo territorio e tutti tornavano a suonare e a insegnare la musica ai ragazzi di talento. I corsi di perfezionamento organizzati d’estate al Castello Caetani hanno anticipato i tempi.

Perché lui era così. Un visionario. Se poi si pensa che ha costruito tutto questo per hobby abbiamo la misura delle sue capacità. Cerocchi infatti era prima di tutto un architetto. E che architetto. Anche nel suo lavoro, proprio come con la musica, quando ammirava qualche collega prendeva l’aereo e andava a conoscerlo. In Francia. In America. E ovviamente ne tornava accresciuto. Professionalmente e personalmente. E subito rimetteva in circolo quanto aveva assimilato. Un lavoro continuo, ma mai urlato. Perché era un uomo umile, convinto chè sì è importante «portare mille persone a teatro con nomi famosi, ma conta di più far crescere l’interesse alla musica in questa città». Che era, è giovane. E che doveva essere ambiziosa. «Guardi, forse mi sbaglio ma io non sono così pessimista - diceva un un'intervista di vent’anni fa - vedo Latina proiettata verso un futuro di crescita e di grandi mete». Ora ci ha passato il testimone.
L’architetto lascia la moglie Maria Teresa, da sempre al suo fianco, i figli Paola, Maria Antonietta, Elisa e Roberto, i nipoti, e tutti i collaboratori di studio e del Campus che lo hanno considerato molto più di un maestro. I funerali saranno celebrati nella cattedrale San Marco lunedì 30 ottobre alle 10.

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