Natale di Roma, tra simboli e leggende: Romolo, Remo e la Lupa

Natale di Roma, tra simboli e leggende: Romolo, Remo e la Lupa
di Giorgio Piras
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Domenica 21 Aprile 2019, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 10:06
Il suo nome, derivato da quello di Roma, ne segna il destino. Come molti fondatori o civilizzatori mitici è di discendenza divina. È figlio addirittura di Marte e di Rea Silvia (secondo alcuni la madre si chiamava Ilia), figlia del re di Alba Longa Numitore (discendente di Enea), costretta dallo zio Amulio a divenire sacerdotessa di Vesta per impedire la prosecuzione della stirpe del fratello/rivale. La violenza di Marte sulla sacerdotessa (da alcuni maliziosamente messa in dubbio) porta però alla nascita dei due gemelli. Amulio cercò ancora di allontanare i rischi per il suo potere facendo abbandonare al loro destino Romolo e Remo, ma la Fortuna prima e il Valore poi ebbero il sopravvento, come spesso nella storia umana. I gemelli, raccolti presso il Fico Ruminale, dopo il primo nutrimento della lupa, furono allevati da pastori ed educati alla vita agreste.

Sarebbero stati cresciuti in particolare da Faustolo e dalla moglie Acca Larenzia, ex prostituta. Romolo sarebbe emerso sin da giovane per una maggiore attitudine al comando rispetto al fratello. Decisivo, nel momento della scelta del fondatore della nuova città, fu il giudizio divino ricavato dall’osservazione del volo degli uccelli (auspicio): Romolo secondo alcuni ne anticipa in maniera azzardata l’esito, ma il segnale è chiaro, dodici avvoltoi sono avvistati da lui posto sul Palatino (come poi sarebbe avvenuto ad Augusto mentre prendeva gli auspici durante il suo primo consolato), solo la metà dal fratello. L’uccisione del fratello, che alcuni gli attribuiscono in prima persona mentre altre fonti accentuano il lutto di Romolo, gli permette di regnare in maniera assoluta sulla città. Nella tradizione appare anche come il creatore delle principali istituzioni religiose e civili, un monarca non tirannico e per molti versi lungimirante. Il mito racconta anche la sua fine, assunto in cielo durante un temporale secondo la versione prevalente (ma di cui gli antichi stessi dubitavano). Viene spesso identificato con il dio Quirino. A lui in particolare si richiamerà per molti versi Augusto, contribuendo a sua volta al consolidamento della sua leggenda.
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