Serena Mollicone, depistaggi e misteri: testimoni chiave in aula

Oggi udienza in corte d'appello per i Mottola e gli altri imputati: ordini di servizio sotto la lente

Una immagine di archivio di Serena Mollicone.
di Vincenzo Caramadre
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Martedì 16 Aprile 2024, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 08:29

Omicidio di Serena Mollicone, l’accusa ribadisce: «L’ex maresciallo Mottola depistò le indagini». Proprio su questo aspetto, oggi riprenderà il processo d'appello dove si sta ricelebrando l’intera istruttoria dibattimentale per fare piena luce sull’assassinio della 18enne di Arce. Il presunto depistaggio che il maresciallo Mottola, all’epoca dei fatti a capo della stazione dei carabinieri di Arce, avrebbe messo in atto falsificando gli ordini di servizio della mattina del primo giugno 2001, quando la 18enne scomparve per poi essere ritrovata cadavere due giorni dopo a Fonte Cupa, nel comune di Fontana Liri, è uno degli elementi più dibattuti. Franco Mottola, assieme alla moglie Anna Maria al figlio Marco, e ad altri due carabinieri, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano, è stato assolto dalla corte d’assise di Cassino il 15 luglio 2022. Oltre agli ordini di servizio a Mottola erano stati contestati anche altri aspetti, tra cui la scomparsa e la ricomparsa del telefonino di Serena, l'hashish nel comò di Serena e la scomparsa degli organi della 18enne. Ma questi aspetti non sono entrati nel vivo del secondo grado, perché affrontati davanti alla corte d’assise di Cassino.

LA MOTIVAZIONE

Proprio nella sentenza di primo grado i giudici, in riferimento agli ordini di servizio, hanno ritenuto che «non solo non è stata provata la falsità, ma sono emersi numerosi elementi probatori di disegno contrario che inducono a ritenere, sulla base delle risultanze e delle valutazioni già svolte, che i servizi esterni sono stati effettuati da militari interessati». Ma il pm Beatrice Siravo, nell’atto di appello ha ritenuto di dover ribadire l’impianto accusatorio sugli ordini di servizio.

Per questo oggi, davanti alla prima sezione della corte d’appello di Roma verranno ascoltate tre perone che, la mattina del primo giugno 2001, avrebbero avuto contatti diretti o telefonici con i militari in servizio.

I TESTI

Il primo teste sarà Domenico Cacciarella. Un uomo della zona che il primo giugno di 23 anni fa chiese l’intervento di una pattuglia dell’Arma per un incidente avvenuto nei pressi del cimitero di Colfelice, dove erano in corso lavori di manutenzione. Dunque dovrà riferire “i contatti citofonici” avuti nella tarda mattinata con i carabinieri di Arce. Ma anche della sua presenza, assieme all'ingegner Fraioli, presso una carrozzeria di Arce. L’accusa ritiene (al contrario della corte d’assise di Cassino che ha disconosciuto il reato di Falso Ideologico), che la pattuglia, composta da Quatrale e Tuzi, quella mattina non sia intervenuta nei pressi del cimitero per il sopralluogo al sinistro. Ritiene «incompatibile» la presenza tra le 11 e le 11.15 con quanto dichiarato al quadro 9 dell’ordine di servizio numero 1 del primo giugno 2001.

Sulla stessa circostanza dovrà testimoniare Tommaso Fraioli. C’è poi Claudio Lancia, un uomo del posto che la mattina della scomparsa di Serena si recò presso la caserma di Arce, intorno alle 12 per ritirare la patente militare. «Cosa che fece lo stesso giorno - scrive l’accusa - ma incompatibile con quanto riportato dall’ordine di servizio numero 10, che da conto di un’attività che Tuzi e Quatrale, avrebbero eseguito presso l’abitazione di Lancia».

La Corte d’assise di Cassino ha disconosciuto il reato di falsità ideologica da parte del maresciallo Mottola, ma anche dei carabinieri in servizio quella mattina. Per dare alla corte d’assise d’appello il quadro generale della presunta falsità degli ordini di servizio, la procura generale farà salire sul banco dei testimoni, il maresciallo Massimo Polletta, del comando provinciale dell’Arma di Frosinone. Il quale si soffermerà sui singoli elementi dell’accusa e delle indagini svolte.

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