Vino, Sos per il dopo emergenza: timori e speranze dei viticoltori

Vino, Sos per il dopo emergenza: timori e speranze dei viticoltori
di Annalisa Maggi
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Domenica 10 Maggio 2020, 06:00


Piccoli produttori di vino Cesanese tra timori e speranze per superare la crisi da Coronavirus. Sono tornati in vigna da metà aprile dopo lo stop all’attività agricola imposto dalle misure restrittive per il contenimento del contagio da Sars-CoV-2. Come tanti imprenditori stanno subendo le pesanti conseguenze della pandemia.
Per testare preoccupazioni, speranze e richieste dei viticoltori del vitigno Cesanese, una delle eccellenze enogastronomiche del nord Ciociaria, l’associazione Strada del vino Cesanese e il Consorzio di tutela del Cesanese del Piglio hanno fatto un sondaggio. I due connubi, che rappresentano una quindicina di piccoli produttori della prima Docg del Lazio, sparsi tra i territori di Anagni, Acuto, Paliano, Serrone e Piglio nella nostra provincia, hanno restituito una fotografia della situazione attuale di forte preoccupazione ma anche di disponibilità ad aprirsi maggiormente ai mercati stranieri e al commercio online.
La quasi totalità degli intervistati - una realtà fatta di piccoli viticoltori con il 52% sotto i 4 ettari vitati, il 24% tra i 4 e i 10 e il 24% sopra i 10 ettari - ha meno di 6 dipendenti e solo l’8% impiega oltre 10 operai stagionali, oltre ai propri dipendenti. Le principali preoccupazioni riguardano la difficoltà a vendere il vino imbottigliato (76% degli intervistati) e a riorganizzare la cantina per stoccare nuovo vino se non saranno vendute ancora le annate precedenti (60%); impensierisce molto anche il blocco delle attività promozionali (68%). Comincia a preoccupare la mancanza di liquidità e si ritiene molto utile in questo momento uno strumento comune di vendita e promozione online. Ma il vero problema viene considerato il blocco delle vendite ai ristoranti (92%) e alle enoteche (72%). Preoccupa anche il possibile mancato incasso di quanto già venduto per via della mancanza di liquidità di molti clienti. Un quinto dei viticultori si è detto pessimista sulle prospettive a medio e lungo termine, mentre metà di loro vede nel turismo interno alla regione, enogastronomico e verde, una buona occasione di ripresa.
Cosa si può fare, dunque? I produttori di Cesanese hanno le idee chiare: per il 76% innanzi tutto servono contributi a fondo perduto per continuare la coltivazione dei campi e una forte riduzione delle imposte per dodici mesi (40%), Ma molte richieste guardano con realismo al futuro, ad esempio si richiedono incentivi per comprare nuove botti e nuovi serbatoi (44%), incentivi per favorire l’invecchiamento dei vini migliori in attesa che il mercato riparta (40%) e anche incentivi per realizzare o migliorare le vendite online (56%), semplificazioni per l’export (48%) e per migliorare l’offerta al pubblico di degustazioni e cibi (32%). Non si dicono disponibili, infine, a produrre (nemmeno con parte dei vigneti) alcool per usi sanitari e rifiutano incentivi e semplificazioni per trasformare parte del vino in brandy e vermouth. Per gli imprenditori legati e orgogliosi del marchio Cesanese, dunque, vanno salvaguardate la tradizione e la qualità senza compromessi. Per farlo hanno già chiesto finanziamenti necessari a proseguire le attività e ad ampliare cantine e servizi ma la quasi totalità (06%) si aspetta aiuti dalla regione e dall’Europa (84%).

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