I "furbetti" della reperibilità: soldi in busta paga senza fare servizi, la Asl scopre la truffa

La sede della Asl a Frosinone
di Giovanni Del Giaccio
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Martedì 15 Agosto 2023, 09:29 - Ultimo aggiornamento: 16 Agosto, 11:45

È bastato qualche controllo incrociato per scoprire un mondo. Fatto di accordi sottobanco, chiamate quando non serviva, stipendi cresciuti a dismisura senza fare nulla. A rendersene conto sono stati i vertici della Asl di Frosinone, alla vigilia del repentino addio del direttore generale Angelo Aliquò, chiamato alla guida dello "Spallanzani" all'inizio di agosto. Una truffa bella e buona, anche se per il momento siamo solo alla fase dell'indagine interna dell'azienda sanitaria con richiesta di restituzione di somme. Decine di migliaia di euro ottenute per interventi in "pronta disponibilità" o "reperibilità" quando non ce n'era bisogno. Soldi finiti in busta paga, ma ai quali non si aveva diritto.

GLI ACCERTAMENTI

Va fatto un passo indietro.

In ogni ospedale c'è la necessità di avere personale in caso ci fosse un bisogno non previsto. Dipendenti che non devono essere presenti in corsia o negli uffici tecnici, ma se arriva un'emergenza, c'è da fare un intervento urgente non programmato e che necessita di più professionisti, se capita un guasto che chiede la presenza di più operai specializzati, se c'è un'emergenza ambientale, allora si fa ricorso alla lista dei reperibili. I quali già hanno una indennità riconosciuta per restare a disposizione e arrivare nel più breve tempo possibile, ma poi se sono chiamati al lavoro percepiscono anche dei soldi - sotto forma di ore di straordinario - o devono recuperare giornate di riposo. A un certo punto alla Asl si sono resi conto che troppi infermieri o tecnici avevano stipendi superiori alla norma, in particolare, secondo quanto emerge, negli ospedali di Frosinone e Sora. Sono stati avviati i riscontri del caso e si è scoperto che nella stragrande maggioranza dei casi le persone coinvolte erano sì reperibili (e quindi avevano diritto all'indennità anche restando a casa) ma poi venivano chiamate in servizio per fare... nulla. Degli interventi per cui erano stati convocati, però, nella stragrande maggioranza dei casi non c'è traccia.

L'INCHIESTA

Al momento sono stati avviati, come detto, accertamenti interni all'azienda e sono partite decine di lettere con le quali viene chiesta la restituzione degli emolumenti percepiti indebitamente dal personale. I destinatari possono fare le loro controdeduzioni, ma la Asl ha messo insieme una serie di riscontri che lasciano poco spazio a repliche. Della serie che il giorno X viene chiamato un infermiere reperibile, arriva in ospedale, ma dell'intervento per il quale era stata attivata la pronta disponibilità non c'è traccia. In alcuni casi, invece, c'è riscontro tra la chiamata e l'attività svolta e quindi c'era anche il diritto a percepire le somme. Una ricostruzione tutt'altro che semplice e a quanto sembra non ancora terminata da parte degli uffici aziendali incaricati del recupero delle somme. Un sistema che ha avuto, inevitabilmente, delle "coperture" all'interno delle unità organizzative interessate ma al momento vedrebbe coinvolti solo infermieri e tecnici della radiologia. Il prossimo passo, qualora non vengano restituiti i soldi, sarà quello di trasmettere tutto alla magistratura che però già potrebbe intervenire alla luce di quanto emerso fino a questo momento. Un raggiro che potrebbe essere solo l'inizio.
Giovanni Del Giaccio
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