Massimo Sarmi, presidente di Asstel: «Troppi operatori, lo Stato riduca gli oneri alle Tlc»

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di Andrea Bassi
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Venerdì 24 Dicembre 2021, 10:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 16:35

Per il settore delle telecomunicazioni il 2022 sarà un anno cruciale.

Le società entreranno nel nuovo ciclo reduci da una battaglia dei prezzi che dura da anni e che ha messo in crisi i conti di tutti gli operatori. E davanti c’è la sfida, cruciale, del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nel quale l’intera filiera delle tlc si candida ad avere un ruolo centrale. «Le infrastrutture di telecomunicazioni rappresentano il motore del cambiamento su cui costruire i servizi digitali e da cui è possibile trarre nuove opportunità di business, tuttavia, occorre non dimenticare che la filiera Tlc è da anni in sofferenza su ricavi e marginalità», spiega Massimo Sarmi, presidente di Asstel, l’associazione confindustriale della quale fanno parte le imprese italiane di telecomunicazioni.

Sarmi, qual è lo stato di salute del settore?

«Nel 2020 i ricavi lordi degli operatori hanno subito una perdita di 1,5 miliardi in valore assoluto; nell’arco degli ultimi 10 anni i ricavi sono sempre diminuiti, per una perdita totale nel periodo 2010-2020 di oltre 13 miliardi di euro».

Da cosa è dipeso?

«La contrazione dei ricavi in Italia è fortemente legata alla dinamica dei prezzi registrata negli anni ed è figlia di uno scenario altamente competitivo. A ciò si aggiunge la dinamica dei ricavi da servizi intermedi intraoperatore, condizionati dalle scelte del regolatore, e che in Italia segnano dal 2010 un calo del 43%, maggiore rispetto a quanto accaduto in Germania, Spagna e Francia».

Dalla rete ultrabroadband al 5G, agli operatori sono richiesti investimenti molto elevati nei prossimi anni. Con una profittabilità così bassa riusciranno a portarli a termine?

«Il settore sta investendo da tempo e con determinazione nella costruzione di un’infrastruttura ultrabroadband: negli ultimi 10 anni sono stati impiegati oltre 70 miliardi di euro. È proprio grazie a questi investimenti che dal 2017 abbiamo recuperato il gap pluriennale rispetto alla media europea in merito alla banda larga superiore a 30 Mbps; l’impegno oggi prosegue per aumentare la copertura ultrabroadband a 100 Mbps. Un’opportunità arriva anche dalle reti 5G: esse andranno a creare innumerevoli servizi in svariati ambiti applicativi, alcuni dei quali impensabili con le reti attuali. Tuttavia, per il ritorno sugli investimenti non sarà sufficiente offrire servizi di connettività, ma servirà anche farsi trovare pronti per diventare gli “orchestratori” di progetti verticali».

Progetti verticali?

«Intendo la capacità di sviluppare innovazione di servizi che vanno dal cloud all’intelligenza artificiale, fino alla cybersecurity, e di costruire un’adeguata offerta, lo sviluppo di opportune competenze specialistiche, la creazione di partnership forti e di modelli di collaborazione anche con attori esterni».

Al governo e al regolatore chiedete qualcosa?

«Di dare piena e rapida attuazione alle disposizioni di semplificazione dei processi autorizzativi per la realizzazione delle reti, e garantire il rispetto dei tempi della liberazione della banda 700MhZ per il 5G.

Sarebbe necessario anche armonizzare ai livelli raccomandati dall’Europa i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici e rimodulare le scadenze di pagamento degli oneri per le frequenze 5G, per allinearle ai tempi di effettiva realizzazione delle reti. Poi si pongono alcune considerazioni sul piano europeo».

Che tipo di considerazioni?

«Oltre a un diverso approccio rispetto alle regole sulla concorrenza, che sostenga la competitività europea a livello globale e consenta di dare vita a un ecosistema digitale europeo, sarebbe opportuno evitare appesantimenti della regolamentazione vigente sui prezzi delle chiamate internazionali tra Stati membri».

A pesare sui ricavi è la “guerra dei prezzi” tra operatori. Come se ne esce?

«Certamente negli ultimi 10 anni il mercato è stato caratterizzato da una progressiva riduzione dei prezzi e dall’aumento delle necessità di investimento, anche in ragione dell’avvicendamento delle nuove tecnologie che richiede aggiornamenti tecnologici in tempi rapidi, tendenze difficilmente conciliabili. Se vogliamo raggiungere gli obiettivi di infrastrutturazione del Pnrr e garantire al Paese l’infrastruttura abilitante la trasformazione digitale, sarà necessario adottare un approccio regolamentare, in grado di modificare la tendenza alla contrazione dei flussi di cassa senza ricadute sulle esigenze di nessuno degli stakeholder».

Che cosa intende per approccio regolamentare nuovo?

«Da un lato definire modalità e tempistiche di implementazione dei provvedimenti regolamentari, che abbiano anche in considerazione lo svolgimento dei processi e delle tempistiche aziendali, dall’altro alla luce di esigenze di natura sociale molte attività degli operatori vengono sottoposte a vincoli regolamentari pienamente giustificati e condivisi in ragione dell’interesse pubblico dell’attività stessa, i cui oneri potrebbero ragionevolmente essere considerati alla stregua di obbligazioni di servizio pubblico e portati a carico della fiscalità generale».

Quali oneri dovrebbero passare a carico dello Stato?

«Per esempio, la fornitura del servizio universale a scopo di inclusione sociale. Nel nostro Paese nel 2003, con una situazione di mercato completamente diversa da quella attuale, si scelse l’opzione di ripartire il costo tra gli operatori. Questa scelta poteva essere ripensata nel corso del recente recepimento del Codice europeo delle comunicazioni elettroniche che – in modo condivisibile – prevede le due possibilità di finanziamento pubblico oppure ripartizione del costo tra gli operatori del mercato; il decreto legislativo di recepimento ha confermato la scelta del 2003, ma questo potrebbe essere un elemento meritevole di riconsiderazione in un futuro».

Nell’ambito del Pnrr il governo pubblicherà nei primi mesi del 2022 i bandi del piano “Italia a 1 Giga”. La filiera è pronta?

«Gli impegni presi dagli operatori sono chiari: la filiera tlc è fortemente impegnata a sostenere lo sviluppo e l’utilizzo della rete ad altissima capacità e la trasformazione digitale del Paese, a fianco del governo. Da questo punto di vista importante sarà, da parte delle imprese della Filiera, un aggiornamento costante dei risultati raggiunti in termini di copertura. Il Piano Italia a 1 Giga assicurerà connettività ad un Gigabit al secondo in tutte le zone che, in base alle dichiarazioni degli operatori, non risultino servite da connettività con velocità di almeno 300 Mbps stabili in download entro il 2026; questa è la soglia individuata per garantire rapidamente lo sviluppo verso il Gigabit al secondo, che è l’obiettivo della “bussola digitale” europea per soddisfare il crescente fabbisogno di servizi sempre più evoluti».

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