Criptovalute con le briglie o sarà caos: urge disciplinare il mercato delle valute virtuali

Criptovalute con le briglie o sarà caos: urge disciplinare il mercato delle valute virtuali
di Francesco Bisozzi
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Venerdì 24 Dicembre 2021, 10:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 16:33

Dunque, nel giro di pochi mesi il “supermercato” delle criptovalute potrebbe arrivare a perdere quasi 3 miliardi di potenziali clienti.

Già perché dopo la Cina, con i suoi 1,4 miliardi di abitanti, che nei mesi scorsi ha dichiarato illegali tutte le transazioni con protagoniste le monete virtuali, ora anche l’India (che conta su una popolazione totale di 1,3 miliardi di persone) sembra voler imboccare la stessa strada e si prepara a dire definitivamente addio al Bitcoin e ai suoi numerosi fratelli. Nemmeno a dirlo, i pasdaran delle divise elettroniche alternative, che alle spalle non hanno né una zecca né una banca centrale, ma blockchain (letteralmente “catena di blocchi”) e minatori (che sfruttano la potenza di calcolo dei loro computer per generare i gettoni virtuali), non l’hanno presa bene. È finito sotto tiro persino l’account twitter del premier Narendra Modi, dove gli hacker hanno infilato nei giorni scorsi un cinguettio fake, poi rimosso, in cui si annunciava che il Bitcoin sarebbe diventato in India la nuova moneta nazionale. Fantascienza, però solo fino a un certo punto.

I FRATELLI DEL BITCOIN

Il problema è che nella maggior parte dei Paesi del mondo le criptomonete ancora si muovono in zone grigie, caratterizzate da regole appena abbozzate. Eppure, hanno superato quest’anno la soglia dei 3 trilioni di dollari di capitalizzazione, un record. Dopo i Bitcoin (che 5 anni fa valevano meno di mille euro e oggi 40 volte tanto), sono spuntati gli altcoin, come l’Ethereum, che nel 2016 costava meno di 10 euro e oggi più di 3mila e ha una capitalizzazione di mercato che supera 400 miliardi di euro. Poi le monete meme, i Dogecoin (market cap a 20 miliardi di euro) hanno fatto da apripista, e i meno volatili stablecoin, canarini nella miniera delle criptovalute, ma dal grande potenziale, come il Tether, a prova di forti oscillazioni perché collegato all’andamento del dollaro Usa. In particolare, le progressioni di alcune divise digitali che oggi ambiscono a detronizzare il Bitcoin del fantomatico Satoshi Nakamoto, founder senza volto della più grande “multinazionale” specializzata in cryptocurrency, fanno sempre più gola ai piccoli risparmiatori, a cui oggi basta scaricare una app sullo smartphone per cercare di emulare i paperoni amanti delle criptovalute e sentirsi per un attimo tanti Elon Musk. Poi però in tanti non sono consapevoli del fatto che ci si può scottare pesantemente nel giro di un niente e rimanere senza un soldo sul proprio wallet. Per questo c’è chi pensa che la soluzione migliore sia di adottare un divieto totale contro le criptodivise, come ha fatto Pechino, mentre secondo altri sarebbe sufficiente introdurre regole più rigide e chiare. Accadrà a cavallo del 2022? Il tempo dirà. Sul tema delle sfide derivanti dall’espandersi delle valute virtuali è intervenuto di recente Giovanni Salvi, Procuratore generale della Corte di Cassazione e presidente del Comitato scientifico della Fondazione Vittorio Occorsio, in occasione della Conferenza anti-corruzione targata Onu tenutasi a dicembre a Sharm el-Sheikh. «Le transazioni non solo sono anonime», spiega Salvi al Messaggero, «ma avvengono in rapidissima successione in più territori.

Si pone così il problema della giurisdizione nazionale e della cooperazione internazionale». Altro nodo da sciogliere: il sequestro di somme in valuta virtuale in seguito a transazioni giudicate illecite si scontra con resistenze ancora da appianare. «Rispetto al comune sequestro di documenti digitali, l’imposizione di vincoli cautelari sulle criptovalute pone problemi peculiari in ragione della crittografia utilizzata». Il procuratore generale aggiunge che «lo spazio virtuale è insieme sidera e territorio che appartiene a uno Stato nazionale, un misto di onde e terra, perché sulla terra, e perciò in uno Stato, sono basate le strutture necessarie per rendere operativi internet e i computer, mentre le onde vivono nello spazio libero o nei cavi».

IL QUADRO NORMATIVO

Questo carattere misto rende essenzialmente differente lo spazio virtuale da altri casi nei quali il diritto internazionale è giunto a chiare regolamentazioni, come appunto lo spazio. Risultato? Di disciplinare il suk delle valute digitali se ne parla da anni senza mai passare realmente ai fatti. La Bce, nell’ultima Financial stability review sulle minacce alla stabilità finanziaria nell’Eurozona, ha evidenziato che se da un lato i mercati delle criptomonete sono cresciuti in importanza e complessità, dall’altro la loro capitalizzazione di mercato rimane soggetta ad attacchi violentissimi da parte della speculazione, che potrebbero provocare sconquassi anche sul mercato tradizionale. Tradotto: è necessario attuare al più presto specifici quadri normativi, di vigilanza e di supervisione per tutelare i risparmiatori. A Pasqua anche la Banca d’Italia e la Consob avevano richiamato l’attenzione degli italiani sugli elevati rischi connessi con l’operatività in cripto-attività che «possono comportare la perdita integrale delle somme di denaro utilizzate». A rischio un italiano su cinque: oggi si stima infatti che il 20% circa della popolazione dello Stivale nasconda sotto a un materasso di bit delle criptomonete. Una quota importante che mal si concilia con ulteriori timidezze ed esitazioni nel regolamentare questo business da parte delle autorità competenti. In Europa adesso lo sguardo è rivolto al nuovo euro digitale, che potrebbe debuttare entro il 2026 e sarà l’equivalente dello eYuan cinese, già in rampa di lancio. L’urgenza di mettere le briglie alle criptomonete deriva dunque anche dall’esigenza di aiutare il decollo delle valute digitali che in futuro verranno emesse dalle banche centrali. Diverso il discorso nei Paesi in via di sviluppo, con scarse infrastrutture bancarie e finanziarie, o più esposti agli effetti dell’inflazione, dove invece oggi più che mai le criptovalute stanno trovando terreno fertile, affermandosi come delle alternative alle divise domestiche. Il caso estremo: in El Salvador, primo Paese al mondo a promuovere il bitcoin a valuta legale, il presidente populista Nayib Bukele ha addirittura annunciato che verrà costruita la prima bitcoin City al mondo, finanziata con obbligazioni garantite da criptovaluta. In Europa l’Ucraina di Zelenskyy si è mossa in una direzione simile, senza però arrivare al punto di porre i bitcoin sullo stesso piano della grivnia, la moneta ufficiale ucraina. Va però precisato che la “Zecca” del bitcoin comunque non lavorerà per sempre. Ne verranno prodotti 21 milioni in tutto: gli ultimi attorno al 2140.

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