Appalto pilotato ad Ateleta, chiesto
il processo per Becci che denuncia
il carabiniere autore dell'indagine

Appalto pilotato ad Ateleta, chiesto il processo per Becci che denuncia il carabiniere autore dell'indagine
di Patrizio Iavarone
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Martedì 24 Marzo 2015, 12:17 - Ultimo aggiornamento: 12:18
SULMONA Turbativa d’asta, falso e abuso d’ufficio: sono accuse pesanti quelle che la procura della Repubblica di Sulmona muove al presidente della Camera di Commercio di Pescara-Chieti, Daniele Becci, a suo fratello Andrea e all’ex tecnico del Comune di Ateleta, Mario Crivelli, già sindaco di Caramanico. "Accuse del tutto infondate - precisa l’avvocato di Becci, Cesare Borgia - "Quelle accuse muovono da un’informativa dei carabinieri per la quale, in altro procedimento, nei giorni scorsi, è stato già raggiunto da un avviso di garanzia per falso chi se ne è reso responsabile». Il numero uno della Camera di Commercio e i due coimputati, dovranno spiegarlo al giudice per le udienze preliminari del tribunale di Sulmona, davanti al quale, il 9 aprile, si deciderà se il processo dovrà celebrarsi o meno.



LA VICENDA

La vicenda è quella legata all’affidamento di un appalto da 800 mila euro per il completamento della rete idrica e fognante di Ateleta, appalto, secondo l’accusa, in qualche modo pilotato da Crivelli e dai Becci per fare in modo che ad aggiudicarselo fosse la ditta «Becci Costruzioni». Per farlo, secondo la Procura di Sulmona, Crivelli predispose alla fine di febbraio del 2010 i documenti a corredo dell’offerta in epoca successiva all’apertura del plico, al fine di alterare la procedura e il risultato della gara. Cinquanta minuti di differenza tra i deposito dell’offerta e la stesura del verbale, durante i quali le carte sarebbero state «aggiustate» a favore dei Becci. Non solo: secondo la Procura l’appalto venne spacchettato in tre tranche per permettere l’affidamento tramite licitazione privata (da 480 mila euro), cottimo fiduciario (da circa 100 mila euro) e procedura negoziata (da circa 65 mila euro), abbassando cioè sotto la soglia dei 500 mila euro l’importo di ciascun appalto ed evitando così di dover ricorrere ad una regolare gara pubblica.



LA DIVISIONE

«Non c’è stata nessuna manovra per procedere allo spacchettamento dell’appalto - spiega ancora Borgia - la divisione dei lavori era già prevista in fase di progetto». Secondo la Procura, però, i tre, in concorso tra loro, inviarono le lettere di invito all’avviso di bando nella consapevolezza che le ditte interpellate avrebbero prodotto offerte di comodo o omesso di partecipare; e ancora che i lavori vennero affidati ancor prima di ottenere le necessarie autorizzazioni, senza cioè la liberatoria necessaria della Regione (che finanziò l’opera), violando così anche il disciplinare di concessione che era stato sottoscritto tra il Comune di Ateleta e la Regione. Le indagini dei carabinieri di Ateleta, partite da una segnalazione anonima, sarebbero però state compromesse da un’informativa dei colleghi di Caramanico, che, basandosi su voci di piazza (così testimonia il sindaco di Sant’Eufemia a Majella), avrebbero sostenuto la tesi per cui dove c’era Crivelli (in qualità di sindaco o tecnico), lì c’erano appalti nelle mani dei Becci.



GLI ATTI

«Così non è come è facilmente riscontrabile dagli atti - spiega l’avvocato dei due imprenditori - c’è un solo appalto eseguito dalla Becci Costruzioni nel Comune dove Crivelli era sindaco dieci anni fa, e nessun lavoro affidato a Rosciano, dove Crivelli è ora tecnico comunale. Per quanto riguarda Becci, poi, ad Ateleta per questo appalto non si è mai recato, ma ha solo avuto la colpa di firmare la richiesta di partecipazione alla gara».

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