LavaNolo-Gate, per gli affari sporchi con le lenzuola ora in otto rischiano il processo

Il tribunale penale di Perugia
di Egle Priolo
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Giovedì 23 Novembre 2023, 09:33

PERUGIA - I presunti affari sporchi con le lenzuola degli ospedali arrivano a un punto di svolta. E l'inchiesta sul LavaNolo-Gate o Lenzuolopoli, che si scelga lo scandalo o l'ipotesi corruttiva, dalla procura sbarca in un'aula di tribunale. Dove in udienza preliminare il prossimo 21 dicembre si dovranno presentare in otto, più una società, per rispondere di accuse – a vario titolo – che il codice penale descrive come corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio, inadempimento di contratti di pubbliche forniture e turbata libertà degli incanti. In parole povere, parenti assunti in cambio di certe attenzioni, società amiche favorite nelle gare, strumentazioni, divise e lenzuola finite nelle strutture sanitarie ma con l'aiutino.

Insomma, tutti i cliché sugli appalti furbetti nell'inchiesta per cui ora rischiano il processo gli otto indagati, tra dirigenti, amministratori, funzionari pubblici e dipendenti, per quei rapporti poco trasparenti che, soprattutto tra il 2018 e il 2020, hanno riguardato l’affidamento dei servizi di pulizia e sanificazione, il lavanolo e ricondizionamento dei dispositivi tessili e superfici antidecubito, insieme alla fornitura di apparecchiature medicali. Questa l'ipotesi accusatoria dei pubblici ministeri Mario Formisano e Paolo Abbritti che hanno fatto richiesta di rinvio a giudizio, e quindi di processo, per chi è finito nell'indagine della guardia di finanza. E che a dicembre dovrà difendersi dalle contestazioni mosse dalla procura: Reno Vitali, Emilio Duca, Cristian Calvi, Fabio Luppino, Fabio Madonnini, Silvano Mei, Ennio Ruggeri e Patrizia Valentinucci, più la Servizi ospedalieri spa che deve rispondere di un illecito amministrativo. Gli avvocati Luciano Ghirga, Cristian Brutti, Francesco Falcinelli, Simone Manna, Carlo Di Casola, Giorgio Beni, Giuseppe Caforio, Matteo Policastri, Elisa Scaroina e Vincenzo Maccarone sono pronti a dar battaglia in aula per dimostrare le correttezza dell'operato dei propri assistiti durante l'udienza preliminare.
Dovranno smontare le ipotesi, per esempio, su quelle presunte utilità ottenute da un'indagata per curare «interessi della società nella gestione dell’appalto di pulizia e sanificazione, ponendo in essere anche atti contrari ai doveri d’ufficio» non vigilando però «in modo efficace sulla corretta esecuzione del contratto d’appalto» o trovando «soluzioni per non far emergere anomalie nell’esecuzione del contratto».

Oppure spiegare le «gravi criticità e inadempienze» nella consegna del materiale oggetto di appalto e l'assunzione di un parente in cambio di un occhio chiuso sulle pratiche. Nell'inchiesta, come emerso la scorsa primavera, anche la fornitura di un sistema di monitoraggio multiparametrico continuo da destinare ad alcuni reparti dell'Azienda ospedaliera di Perugia, ma con una procedura negoziata che sarebbe stata pilotata «mediante collusioni e mezzi fraudolenti».

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