Intimidazioni, incendi e furti a Farnese: la prescrizione pronta a cancellare tutti i reati. L’udienza dedicata alla discussione per i fatti che più di dieci anni fa sconvolsero il piccolo centro della Tuscia inizia con una sorpresa: la maggior parte delle accuse sarebbe ormai caduta in prescrizione. Troppo vecchia perché allo stato interessi perseguire quei reati. Restano in piedi solo due furti commessi a giugno del 2015 per cui la pm ha chiesto 3 anni di carcere per ogni imputato e mille euro di multa.
Fatti per cui è processo la famiglia Pira, il padre Antonio e figli Marco e Paolo. I tre imputati, assistiti dagli avvocati Giuseppe Picchiarelli e Angelo Di Silvio, erano accusati di atti persecutori, furti aggravati, abigeato, detenzione e porto abusivo di armi clandestine, nonché uccisione di animali. Parte civile, assistita dall’avvocato Elisabetta Centogambe, l’ex sindaco Dario Pomarè. A febbraio 2015 a Farnese, avrebbero abbattuto 160 olivi, massacrato a bastonate due cani e ucciso galline e piccioni. Non solo, avrebbero dato fuoco a un casolare, a un trattore e all’auto di Pomarè.
Dopo la richiesta di assoluzione per intervenuti prescrizione per i reati più gravi la pare civile ha comunque deciso di discutere e sottolineare diversi passaggi. «Siamo di fronte doppio danno gravissimo - ha affermato - prima l’ingiustizia subita e poi la prescrizione sui reati più gravi.
A far scattare gli atti intimidatori nei confronti di Pomarè sarebbe stato un esposto presentato da 40 firmatari per la regolamentazione dei terreni a uso civico di Farnese. Un provvedimento che avrebbe costretto i Pira a perdere circa 60 ettari di fondi agricoli a uso pascolo, di cui si erano appropriati nel tempo. I Pira secondo l’accusa avrebbero voluto vendicarsi di tutti e 40 i firmatari. Sono molti, infatti, i cittadini di Farnese che in quel periodo subito furti o danneggiamenti. Nella maggior parte dei casi avevano firmato o sostenuto il provvedimento di regolamentazione degli usi civici. Discussione ieri pomeriggio anche per le difese degli imputati che hanno sostenuto che le indagini non avrebbero portato a nessuna prova certa della responsabilità della famiglia Pira.