Calcata, esposizione “Politropos Πolytropos ” a Palazzo Baronale degli “Anguillara

Calcata, esposizione “Politropos Πolytropos ” a Palazzo Baronale degli “Anguillara
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Domenica 28 Aprile 2024, 17:45

VITERBO - Un concetto affascinante: la "politropìa", derivato dal greco "poli" (molte) e "tropos" (modo o direzione), può essere tradotta come "molti modi" o "molte direzioni". Questo termine riflette perfettamente l'abilità delle tre artiste dai molti sguardi e dal multiforme ingegno, che presentano con differenti, e poliedrici aspetti, la caratterizzazione della propria poetica ed espressività, in questa mostra, che vede risaltare l'importanza della flessibilità, assumere le forme versatili, come la dea Metis cui il mito rimanda, e saper adattare il proprio discorso e la propria ricerca, mantenendo sempre l'integrità e l'autenticità.

Una tecnica intrigante che dimostra come la comunicazione artistica e visiva, possa essere adattata in modi creativi per raggiungere un pubblico diversificato.

La vera maestria sta nel trovare l'equilibrio giusto, ed è ciò che accade nel visionare le opere di: Paola Alviano Glaviano, che con l’evento “Contaminazioni” ci conduce in un percorso seduttivo ed accattivante attraverso i Miti, con cui i popoli connotavano la realtà, un aspetto fra i più affascinanti del mondo classico che attraversa i secoli, ed essendo la fluidità la loro caratteristica, la nota artista, che annovera una carriera consolidata e molte personali e collettive alle spalle, interviene altrettanto fluida quanto incisiva, sulle immagini simboliche, rielaborandole, attraverso i suoi interventi pittorici e grafici su fotografie, compenetra ed unisce, le immagini in un gioco leggero, raffinato, a volte ironico, tributando attenzione alla Pop Art, in una tensione che non viene scaricata nell’atto, ma al contrario è mantenuta viva dal rispetto di una certa distanza e impiegata per condurre lo spettatore, alle sue opere, “ritratti” finemente elaborati, scegliendo come sfondi archeologia industriale, manti di sampietrini, carta da parati e murales, e come accade all’arte, che narra narrandosi, questi ci raccontano l’oggetto e la sua forma stilistica.

Una pittura che espande il soggetto, enfatizza, decora, solca, e puntualizza, che abbellisce o imbruttisce perché desidera spostare i confini verso qualcosa di inaspettato.

Ed è nella convivenza di pittura e fotografia che l’immagine vive.

Bianca Cimiotta Lami, alla sua prima personale che intitola “Immagina” ci invita, e ci accompagna in una realtà che rimanda al principio dove il tempo non ha inizio e fine. Attraverso la visione delle sue opere ci immergiamo in un affascinante viaggio immaginifico attraverso lo spazio e il tempo, permeati dal suo stile inconfondibile, all’interno di una pittura emozionale quasi ripetitiva nei luoghi di paesaggi interiori, che nascono come rappresentazione di un pensiero e dalla scrittura segreta appena percettibile, immersa da luce e colore. I suoi paesaggi semi astratti, in cui tutto si fonde, rimangono dentro un processo che dalla realtà della forma si manifesta in un sentire che ha più a che fare con l'invisibile che con il visibile. In queste opere, non possiamo vedere ciò che è celato, possiamo intuire ciò che è espresso in creazione, attraverso il colore come estensione del sensibile. Visioni dall’alto, in movimento perpetuo.

“Da questi spunti, nasce la mia ricerca pittorica priva di contenuti preordinati nel continuo fluire, dall'osservazione del mondo visto attraverso lo specchio di frammenti della rappresentazione. In questi luoghi l’essere umano è spiritualizzato, è assente. Ciò che rimane di lui è ciò che sarà e ciò che è stato, è ciò che è in atto, di materia invisibile, di pensiero”. Colore e gestualità sono accostati in maniera armoniosa definendone l’originalità e la bellezza visiva.

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