La riforma Calderoli sulla Autonomia Differenziata non piace ai vescovi, allarme per gli scompensi che causerebbe

La Cei che ha dedicato all'argomento una intera sessione di discussione sottolineandone i rischi

La riforma Calderoli sulla Autonomia Differenziata non piace ai vescovi, allarme per gli scompensi che causerebbe
di Franca Giansoldati
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Venerdì 14 Luglio 2023, 11:11

Ai Vescovi italiani la riforma Calderoli sulla autonomia differenziata continua a non piacere e, di fatto, si aspettano una revisione del testo perché così come è stata pensata penalizzerebbe le zone centrali e meridionali causando un ulteriore spopolamento. La Cei che ha dedicato all'argomento una intera sessione di discussione sottolineandone i rischi. 

Una posizione grosso modo simile a quella già espressa dai sindacati e dal Pd. «E' stata condivisa la preoccupazione sui rischi connessi alle proposte di autonomia differenziata: il timore è che possa indebolire i legami di solidarietà che promuovono la persona e rendono coesa la comunità nazionale» si legge in una nota di sintesi dei lavori avvenuti a Benevento.

Al riguardo il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha insistito sulla necessità di investimenti e infrastrutture che contribuiscano a contrastare le difficoltà legate allo spopolamento delle aree interne. Poi ha invitato i Comuni italiani a superare ogni campanilismo e a lavorare insieme secondo una logica di rete. 

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Anche lo scorso anno la Cei aveva preso le distanze dalle riforme che la Lega sta portando avanti, facendo presente che penalizzare le aree interne, indebolire la dorsale appenninica e le regioni più piccole, finirebbe per ripercuotersi sull'intero sistema paese. «Si tratta di territori distanti dall'insieme dei servizi essenziali e spesso penalizzati nell'assegnazione delle risorse; territori esposti a un processo di decremento progressivo della popolazione, che rischia di comprometterne le ricchezze ambientali e culturali».

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La Cei, nella sua analisi, ha incluso i mutamenti avvenuti nel tessuto sociale (denatalità, spopolamento, arretratezza) ai problemi che questo processo ha già causato alle strutture parrocchiali. L'attenzione si è quindi concentrata sulle prospettive con cui oggi la Chiesa deve affrontare nuove forme di presenza e di servizio ecclesiale in zone disagiate: «sono passaggi che comportano un nuovo modo di concepire la figura del sacerdote a partire dalla rivisitazione del suo servizio di presidenza. Si tratta di considerare il ministero ordinato come differenziato e articolato al suo interno; di valutarne le possibili analogie con il ministero episcopale; di immaginare nuove ministerialità laicali». Una riflessione importante che per forza di cose include lo stato di salute del clero italiano, sempre più anziano e in diminuzione vertiginosa per la mancanza di vocazioni. 

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