Rete di vescovi del Centro-Sud al governo, Sos per non far morire i comuni più piccoli

Rete di vescovi del Centro-Sud al governo, Sos per non far morire i comuni più piccoli
di Franca Giansoldati
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Martedì 9 Novembre 2021, 18:59 - Ultimo aggiornamento: 19:31

Città del Vaticano – Allarme dei vescovi sul futuro di troppe zone del Centro-Sud disagiate, cronicamente penalizzate da servizi pubblici carenti, da una rete stradale e autostradale ormai vecchia che contribuisce al veloce spopolamento dei piccoli centri abitati. L'Sos è stato fatto arrivare a Enrico Giovannini, ministro delle infrastrutture, che ieri sera nella sede della Cei a potuto ascoltare per due lunghe ore i resoconti a volte drammatici di una ventina di vescovi. Le regioni interessate a questo quadro complicato includono il Lazio, l'Abruzzo, il Molise, la Campania, la Puglia, la Sicilia. 

Da tempo si è costituita una sorta di rete di vescovi che a livello inter-regionale sta monitorando le situazioni territoriali più complesse, facendosi interprete non solo del disagio delle piccole comunità, ma del futuro di numerosi comuni altrimenti svuotati e condannati ad un lento declino. «La mezzanotte del mezzogiorno» ha sintetizzato al Messaggero il vescovo di Benevento, Felice Accrocca che già in agosto aveva dedicato a questo dramma un convegno nella sua diocesi.

Uno dei primi ad intervenire.

Assieme a lui anche monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, da tempo attivo a portare avanti progetti rivolti a non far cadere nel silenzio le zone terremotate del reatino e dell'alto Lazio. Il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti ha così  aperto l'incontro con Giovannini mettendo in luce le effettive disparità esistenti tra un territorio e l'altro, tra una provincia e l'altra, spesso causate da vie di comunicazioni vecchissime, stradali e ferroviarie, al punto da costituire vere e proprie barriere, sottraendo di conseguenza opportunità di studio, di lavoro, di vita per chi vi abita. 

«Da tempo noi vescovi ci sentiamo un po' come sentinelle di territori divenuti sempre più complicati. Al ministro abbiamo presentato la questione delle aree interne. Penso che sia chiaro a tutti che se muore questo vasto tessuto alla fine muore il Paese. In alcune zone il quadro è davvero drammatico» spiega il vescovo di Benevento, Felice Accrocca. Il ministro Giovannini ha ascoltato attentamente e promesso di farsi interprete di queste richieste presso il governo con progetti e iniziative future. 

L'incontro con il ministro è stato anticipato, due anni fa, da un appello agli amministratori della Campania (ma non solo) in cui si metteva in luce che «questo tempo difficile» del post covid rischia di allargare ulteriormente «la forbice Nord-Sud, e nel quale la Campania registra un ulteriore squilibrio tra la fascia costiera e le province dell’entroterra (…) La crisi delle aree interne è inoltre aggravata dalla contrazione della spesa pubblica: il taglio subito nei trasferimenti per funzioni istituzionali, strade ed edifici scolastici è pari al 50%».

Il documento curato dal vescovo di Benevento proseguiva registrando lo svuotamento massiccio degli abitanti dai centri più piccoli. «Le nostre province perdono ogni anno un numero di abitanti equivalente a quello di un paese intero. Paradossalmente, esse producono il miglior risultato per quanto riguarda i laureati in età tra i 24 e i 39 anni, tuttavia sono proprio i laureati a lasciare la Campania più povera! Le infrastrutture stradali costituiscono il nodo più rilevante da sciogliere per una seria politica dello sviluppo, ma continuano a essere molto carenti; rispetto alla mobilità su gomma, l’alta velocità ferroviaria Napoli-Bari potrebbe invece offrire nuove possibilità anche per ripopolare aree depresse».

«La questione delle aree interne – piccoli Comuni con in media 1500/2000 abitanti – non può essere più confinata ad appendice di svogliati dibattiti politici e culturali, perché la distanza dal resto della Campania e del Paese rischia di diventare incolmabile. Come vescovi che hanno a cuore il bene integrale della propria gente, riteniamo si debba lavorare a costruire una svolta nei rapporti e nelle relazioni istituzionali, avviando un confronto umile e sincero in grado di favorire una partecipazione che sia finalmente sottrazione di egoismi».

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