Città del Vaticano – E' alla grande messa di chiusura del viaggio in Ungheria che Papa Francesco lancia un appello vigoroso a tutti i cattolici d'Europa: «Fa male vedere tante porte chiuse verso chi non è in regola», verso «chi è straniero, diverso, migrante, povero». Nel Paese governato da Viktor Orban, il cui partito di riferimento è collocato su posizioni populiste e illiberali al punto da aver dato filo da torcere a Bruxelles, Bergoglio - prima di ripartire per Roma - si toglie qualche sassolino dalla scarpa (anche per limitare i rischi di essere strumentalizzato).
Nell'omelia ha ha preparato parte dal concetto della «Chiesa in uscita» a lui tanto cara, chiaro riferimento alle periferie culturali e alle aree meno affini con il cattolicesimo.
Recentemente l'Ungheria è stata deferita alla Corte di Giustizia per la legge anti-lgbt. Un provvedimento definito vergognoso da Ursula Von der Leyen. Allo stesso tempo Orban è stato pesantemente criticato per la costruzione di una barriera in filo metallico al confine con la Serbia, alta 3 metri e lunga oltre 500 chilometri, per fermare i clandestini che arrivano dalla Turchia, provenienti dall'Africa, dall'Afghanistan, dalla Siria, dal Pakistan, dal Bangladesh.
Il Papa da Orban, l'alleato dello Zar «Dove sono gli sforzi per la pace?»
«Fratelli e sorelle, mentre siamo qui questa mattina, sentiamo la gioia di essere popolo santo di Dio: tutti noi nasciamo dalla sua chiamata; è Lui che ci ha convocati e per questo siamo suo popolo, suo gregge, sua Chiesa. Ci ha radunati qui affinché, pur essendo tra noi diversi e appartenendo a comunità differenti, la grandezza del suo amore ci riunisca tutti in un unico abbraccio (…) Questa è cattolicità: tutti noi cristiani, chiamati per nome dal buon Pastore, siamo chiamati ad accogliere e diffondere il suo amore, a rendere il suo ovile inclusivo e mai escludente. E, perciò, siamo tutti chiamati a coltivare relazioni di fraternità e di collaborazione, senza dividerci tra noi, senza considerare la nostra comunità come un ambiente riservato».
Alla messa è presente anche la presidente della Repubblica, Katalin Novak, e il primo ministro Orban. Infine ha rivolto una invocazione «per il futuro dell'Europa, che non sia un futuro di guerra, ma un avvenire pieno di culle, non di tombe e un mondo di fratelli, non di muri».