Perugina, i primi operai
lasciano la fabbrica
con 60mila euro

Gli operai davanti ai cancelli di San Sisto. Nel tondo il direttore relazioni industriali Nestlè Gianluigi Toia
di Federico Fabrizi
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Sabato 29 Luglio 2017, 13:27
PERUGIA - Gli esuberi della Perugina sono gli stessi di due anni fa. Coperti finora dagli ammortizzatori sociali. “Ammortizzati” appunto. Ma la cassa integrazione prima o poi finisce e allora servono soluzioni. Nestlé parla a proposito dello stabilimento di San Sisto, lo fa attraverso il direttore delle relazioni industriali Gianluigi 
Toia, intervistato dal Messaggero dopo l'incontro al Ministero dello sviluppo economico.
 
Toia, la promessa era di fare del Bacio un’icona del made in Italy come il Sagrantino di Montefalco.
«La nostra strategia non cambia. Abbiamo ribadito al Mise che vogliamo fare del Bacio una pralina mondiale prodotta in esclusiva a Perugia. Stiamo entrando in mercati come Cina, Brasile, Stati Uniti: i primi risultati sono incoraggianti ma è un lavoro lungo di posizionamento del brand e del prodotto... noi andiamo avanti».
Avanti sul piano da 60 milioni di investimenti e anche sui 340 esuberi? Da qui a un anno le prime uscite?
«Noi vogliamo lavorare per trovare le soluzioni concordate con ciascun lavoratore prima di un anno. Intanto c’è già qualche lavoratore che ha concordato l’uscita con un incentivo all’esodo (60mila euro a testa ndr)».
Quanti sono?
«Una dozzina circa ».
Altre soluzioni?
«Stiamo facendo dei conteggi approfonditi per capire quante persone possono avere un accompagnamento alla pensione».
Quanti di San Sisto sono in questa condizione?
«Per il prepensionamento una trentina. Ma abbiamo anche avviato una serie di colloqui, ad oggi un’ottantina di persone sono state intervistate da una società incaricata, ed abbiamo raccolto alcune disponibilità a cambiare mansioni all’interno della fabbrica di San Sisto».
Facciamo il punto sui numeri Toia.
«Noi abbiamo dichiarato 340 esuberi intesi come lavoro su tutto l’anno. Però 150 di queste persone potremmo occuparle per 6 mesi l’anno. Mi spiego: con alcune persone che oggi lavorano 9 mesi vorremmo fare dei ragionamenti, incentivandole magari a ridurre il tempo di lavoro con la garanzia della continuità occupazionale. Queste sono alcune delle soluzioni».
Altre idee?
«Altre soluzioni sono da ricercare nelle possibilità sul territorio, facendo formazione per favorire la ricollocazione. E poi abbiamo a disposizione una serie di posizioni nell’ambito del gruppo per le quali supportiamo il trasferimento, qualche lavoratore ha già espresso l’idea di valutare questa ipotesi. Certo, siamo consapevoli che il periodo che abbiamo di fronte non sarà affatto una passeggiata».
Dopo le cifre i tempi, direttore, i sindacati dicono di essere caduti dalle nuvole quando a giugno avete tirato fuori i 340 esuberi perché nel piano firmato un anno fa non erano previsti.
«Io le rispondo con una domanda: se fosse così perché avremmo scritto nell’accordo “incentivo all’esodo”, mettendo in campo 60mila euro a testa? E perché avremmo scritto incentivo alle aziende che assumono i nostri lavoratori o possibilità di prepensionamenti? Voglio dire: i prepensionamenti che siamo obbligati a fare sono onerosi per l’azienda. Noi abbiamo messo in campo una serie di risorse economiche e le abbiamo sottoscritte. Certo, abbiamo detto: ricercheremo al massimo la volontarietà nell’adesione, e lo stiamo facendo».
Finora la fabbrica ha tenuto così.
«Noi veniamo da un lungo periodo di utilizzo di ammortizzatori sociali, quando abbiamo fatto i contratti di solidarietà nel 2015 abbiamo dichiarato un esubero di ore lavoro pari a 210 addetti full time, bene: oggi il nostro esubero è pari a 216 full time. Quindi siamo arrivati a dover gestire una situazione di esubero che si trascina da anni e che è stata sempre coperta dagli ammortizzatori sociali, che però prima o poi finiscono ed ora è nostro dovere trovare per tempo le soluzioni».
Quali sono i volumi della Perugina di oggi?
«Nell’ultimo anno abbiamo perso caramelle e Ore Liete ma siamo cresciuti sul cioccolato: i volumi sono in linea con gli anni passati: 24mila tonnellate».
Come procede l’attuazione del piano? «Siamo perfettamente in linea con previsioni, stiamo ultimando il reparto confiserie che sarà operativo nella seconda settimana di agosto, tra l’altro una serie di aziende locali hanno lavorato con noi».
Quindi il piano funziona.
«Il nuovo piano sta portando soluzioni ma non può azzerare quella cifra di esuberi che ci portiamo da anni. Oggi in cassa integrazione ci sono meno di 200 persone, gli altri stanno lavorando. I numeri tornano. Questa è la realtà dei fatti. E sia chiaro: se non provvediamo, senza gli ammortizzatori sociali, la fabbrica è insostenibile».
Dopo l’incontro al Mise si può ritrovare il giusto clima di relazioni tra azienda e lavoratori? I sindacati reclamano anche che la commissione bilaterale istituita un anno fa funziona pochino ultimamente.
«Gli incontri della commissione sono stati coerenti con l’avanzamento del progetto, a maggio dopo che abbiamo mostrato il nostro disegno di organico la commissione ha discusso linea per linea e posizione per posizione. Ora da parte di tutti è bene affrontare le criticità: abbiamo un anno per gestirle, troviamo le soluzioni».
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