Prof pestato dal branco per difendere un ragazzino: «Potevano ammazzarmi». Salvato da un ex alunno

Carabinieri e ambulanza al parco Chico Mendez (foto d'archivio)
di Egle Priolo
4 Minuti di Lettura
Martedì 18 Luglio 2023, 10:40 - Ultimo aggiornamento: 19 Luglio, 09:52

PERUGIA - Salva un ragazzino dal pestaggio del branco, mentre il resto di una mandria inerme guarda le botte senza fare nulla. Un suo ex alunno lo salva dalla reazione violenta della gang, che se l'è presa con lui, colpevole solo di essersi messo in mezzo. Lui finisce in ospedale, dove trova in sala d'attesa anche la madre attonita della prima vittima. Dice: «Lo rifarei cento volte, ma mi avrebbero potuto ammazzare». E no, non è la sceneggiatura di un docufilm sulle bande di qualche sobborgo americano: è vita vissuta, sotto casa, in mezzo a un parco cittadino. A Perugia.

Il protagonista - coraggioso dice il senso civico, pazzo replica (ormai) il buonsenso - ha 49 anni, è un insegnante e domenica se l'è vista davvero brutta. «Scriva le mie iniziali, A.F. - dice al telefono al Messaggero -. Se ho paura? No, questi delinquenti vanno fermati, vanno denunciati. Prima che ci scappi il morto». Che questa volta si è evitato proprio grazie al suo intervento e a quello di chi alla fine ha tirato lui fuori dalla mischia.
Sono le sette e mezza di domenica sera. A. è uscito per prendere un caffè e cercare sollievo dal caldo fuori casa. La zona è quella del parco Chico Mendez. Andando verso il bar nota un gruppone di ragazzi, molti i minorenni, i più grandi avranno vent'anni. Con la coda dell'occhio nota che saranno una quarantina, un numero strano, ma il pericolo è solo un pensiero che scaccia dandosi del solito esagerato. Dopo il caffè ripassa dal parco e ora il gruppo è in movimento: sono tutti disposti in cerchio ma soprattutto si sentono urla. Parolacce e grida d'aiuto. Il cerchio per un secondo si apre nell'ondeggiare ignavo del branco e all'interno ci sono almeno due balordi che prendono a calci e pugni un ragazzino buttato a terra a difendersi dai colpi, già ferito in faccia. «Che fate? Ma siete impazziti? Io vi denuncio tutti. Ora chiamo i carabinieri». Poche frasi, urlate con tutto il fiato che ha in gola e il branco si gira verso di lui: e senza aver neanche il tempo di pensare ecco che gli arriva il primo pugno. Insultato, mentre un altro giovane lo spinge da dietro e lo butta a terra e un terzo gli sferra un altro colpo violento in faccia. «Non capivo più niente, non ho nemmeno pensato di difendermi. Cercavo solo di parare i colpi. Finché mi sono sentito trascinare via da lì, da un angelo che prima mi ha fatto scudo e che alla fine ha salvato me». Un ex alunno, scoprirà poi, mentre tutti gli altri scappano: ragazzi, ragazze, minorenni e ventenni. Chi prende l'autobus, chi corre in macchina. Chi si nasconde nel locale vicino, dove verrà trovato dai carabinieri poco dopo.
Perché l'insegnante è tornato a casa e ha chiamato il 112, poi ha finito la sua serata in ospedale e ieri ha fatto la denuncia ai carabinieri, che solo qualche giorno fa hanno spiegato come quello delle baby gang sia l'allarme di questa estate di bollenti spiriti.

Con il parco Chico Mendez che pare sia scelto come «terra di nessuno per i regolamenti di conti tra bande. Perché quello – ragiona A. - era chiaramente un regolamento di conti. E io da cittadino dovevo prima intervenire e poi denunciare. Certo, se avessero avuto un coltello mi avrebbero scannato. Bastava una pietra o un colpo ben assestato in testa per lasciarmi lì a terra». Forse il 49enne ragiona solo adesso sul coraggio che ha avuto o la pazzia che ha fatto: «Ma lì per lì non ho nemmeno pensato se intervenire o meno, l'ho fatto e basta. A differenza di quegli omertosi che non solo stavano fermi in cerchio – ragazzi e tante ragazze – coprendo tra l'altro quello che succedeva all'interno dalle telecamere del minimetrò e dei locali vicini. La delinquenza va fermata e io l'ho fatto. Anche se le ho prese. Anche se essere picchiato a cinquant'anni da dei ragazzini è una vergogna. Sono tornato a casa con la faccia gonfia come un limone, ma sono un insegnante. E i ragazzi vanno tutelati». Grazie al suo angelo, muto ma salvifico, lui se l'è cavata con una prognosi di tre giorni. Peggio è andata al ragazzino finito insieme a lui in ospedale. Che con la mamma accanto non ha avuto lo stesso coraggio di denunciare. Omertà e spirito di sopravvivenza alle regole del gruppo. Che lui ancora non lo sa, ma alla fine fa più male delle botte.

© RIPRODUZIONE RISERVATA