Senza calcio 300 mila persone a rischio disoccupazione

Senza calcio 300 mila persone a rischio disoccupazione
di Salvatore Riggio
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Martedì 28 Aprile 2020, 07:30
I numeri sono reali e fanno spavento. Basta sfogliare il Report 2019 della Federcalcio per farsi un’idea. Dell’indotto che produce se ne è parlato oltre misura: 4,7 miliardi di euro di fatturato diretto generato dal settore. Così come del gettito fiscale: 1,5 miliardi di euro. Si parla poco, invece, del rischio occupazionale. Il calcio non è fatto solo di dirigenti, giocatori, tecnici e arbitri. Intorno al mondo del pallone ruotano ogni anno 300mila persone. Di questi molto più della metà sono a rischio licenziamento. Solo in serie A, quella più ricca che regge tutto il sistema, ci sono 46mila persone in bilico. L’allarme c’è e non può essere ignorato dalle istituzioni. Durante queste settimane i club del nostro campionato hanno parlato, discusso e litigato su come e quando si debba ripartire. Ma in tempi come questi, con una pandemia che ha sconvolto il mondo (con tre milioni di contagi nel mondo), ci sono problematiche occupazionali non sempre prese in considerazione. In primis, i collaboratori delle società di calcio. Tutti quelli che hanno un contratto part-time o “a chiamata” (contratto di lavoro intermittente), soprattutto nelle società piccole. Sono loro a essere a rischio. Così come tutti coloro che lavorano attorno al mondo del calcio. Dagli addetti alla sicurezza agli steward, fino al servizio catering del club durante le partite o gli eventi promozionali. La lista non finisce di certo qui. Si allunga con massaggiatori, giardinieri dei centri sportivi (ora chiusi, almeno fino al 18 maggio), addetti alla pulizia, manutentori, operatori della biglietteria. Un totale di 300 mila persone ogni anno. Un dato che non può e non si deve ignorare.
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