Olimpico, finalmente la grande bellezza

Olimpico, finalmente la grande bellezza
di Benedetto Saccà
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Lunedì 27 Settembre 2021, 07:30

 Di latte il cielo, verde il prato, blu le tribune. Passa un aereo alle sei de la tarde di una domenica che sarebbe qualunque. Sotto, nel nido bianco dello stadio Olimpico, si gioca: è il derby di Roma. Sul campo undici maglie biancocelesti, a sfidare undici giallorosse nel cuore del pomeriggio di fine settembre. E sul cobalto delle curve, per la prima volta dopo (dopo?) la pandemia, ci sono i tifosi. E lo spettacolo di un derby animato dal pubblico dopo oltre un anno e mezzo, a guardarlo e vederlo e sentirlo, è una grande bellezza. Afa soffocante e odori di fritto con venature di sigaretta: la cornice e il quadro si intrecciano e si cedono la scena – mentre il frastuono tocca livelli dimenticati. Dall’alto della tribuna lo stadio pare una stampa puntinista. La Lazio gioca nominalmente in casa e dunque i tifosi sono soprattutto bianchi e celesti: stracolmi i distinti e la curva Nord; invero piena la tribuna Monte Mario; poco meno la Tevere. E la Sud. La Sud, con i suoi distinti, è un trionfo di giallo e rosso: canta e urla la propria canzone e, a tratti, sovrasta il resto dello stadio. Impressionante. Impossibile il distanziamento sociale – ormai scivolato giusto a poesia che raccontiamo a noi stessi per sentirci tutti più buoni – però lunghiiissime sono le code ai tornelli per il controllo del Green pass. Tornano così le coreografie e i cori, gli sfottò e le provocazioni agli avversari, e gli insulti, e i fischi – Abraham e Zaniolo sono tra i più tormentati. Poi, certo, la Lazio vince il derby e allora la festa è giustamente colorata di azzurro.
L’ERRORE
È comunque una giornata infinita. Lo stadio accoglie i primi tifosi già dopo pranzo. Le strade si tingono subito: vie come fiumi di persone a scolare giù verso gli ingressi e i tornelli. Si scaldano le squadre e decollano i decibel: «Roma alé, Roma alé», grida la Sud. E giù fischi dalla Nord. Si accede la luce dei riflettori a venti minuti dall’avvio e, poco dopo, a brillare sui tabelloni dell’Olimpico è la lista delle formazioni. Tutto consueto, no? Macché. L’allenatore della Roma è tale «Muorihno». Un certo Muorihno, esatto: con la «h» in posizione sbagliata e, soprattutto, con la radice del nome singolarmente (distrattamente?) adulterata. Intanto, all’annuncio dell’allenatore, un «olé» sale dalla Sud e spicca su ogni sospiro. Si può cominciare.

Vola Lazio vola, vola anche l’aquila Olympia, sciarpata (della Nord) e valanga di fischi (della Sud). Ed ecco le coreografie, attese come un tempo. Spettacolare la Nord: che srotola un’enorme aquila gialla in stile imperiale corredata dalla scritta – a tutta curva – «Roma». Scenografica la Sud: che si inventa una tricromia a bande orizzontali – rosso, arancione, giallo – completata dallo striscione «Voi sulle maglie, noi in curva... con questi colori uniti per la vittoria». A stupire, però, a gran sorpresa, è la Tevere, che d’improvviso si fodera nella porzione centrale di un lenzuolone immenso – da terra a cielo – con tanto di antico logo della Lazio e le parole: «Tribuna Tevere, seconda giovinezza». Seguono incitamenti per i giocatori, Cirooo Cirooo, insulti vari ai tifosi del Napoli e chiasso e fischi. E poi l’umore dei 30 mila tifosi dondola e oscilla a seconda dell’andare del derby: braccia e grida al cielo dopo i gol segnati; volti tristi, occhi bassi e mani tra i capelli dopo quelli subiti. Picchi di entusiasmo dopo la rete di Pedro e il rigore conquistato da Zaniolo. L’arbitro Guida mette sempre d’accordo invece: con-te-sta-tis-si-mo. E le due curve – va detto – mai smettono di incitare le squadre, specie nei momenti di sofferenza. Ammirevoli. E non manca neppure l’ironia: «Rui Patricio, Reina plebeo», compare in curva Sud. Replica la Nord: «La nostra città. La nostra Lazio. La nostra vita». Palpiti ed emozioni, ancora. I bambini si nascondono dietro i papà, i fidanzati dietro le fidanzate (che notoriamente sono più coraggiose): ed è una lunga stretta densa di affetto, e paura, e amore. Prima dei tre fischi c’è il tempo per un gol che esiste solo per le curve: Immobile al tiro, pallone a spettinare la rete dall’esterno, Nord impazzita, Sud in silenzio. Uno sgarbo della prospettiva. Ma alle 19.54 trema l’Olimpico: è il delirio biancoceleste. La Lazio canta vittoria sulle note di Lucio Battisti. Avvistiamo di nuovo Olympia sul prato, e la gente si gode la festa. I laziali cantano, urlano, saltano, sventolano le bandiere. Si abbracciano – finalmente tornano ad abbracciarsi in un derby dopo un secolo. La curva Sud però vuole tributare il suo ringraziamento ai giocatori della Roma. Mezz’ora dopo la fine la Nord è ancora lì: felice. Tutta azzurra, contro il cielo ormai blu oltremare.

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