«Non esiste, sto qui tre anni». José Mourinho lascia cadere la connessione con il Newcastle, di cui aveva parlato - creando un po’ di ansie ai tifosi giallorossi - alla vigilia di Juve-Roma. Stavolta è deciso, non lascia dubbi sul suo futuro. I nuovi e ricchissimi proprietari del Newcastle possono, e devono per forza attendere, almeno tre anni, il tempo che lo lega alla Roma e ai Friedkin, dei quali ha sposato idee e progetti. E’ un Mourinho romanista, a tutti gli effetti. Un Mourinho ad alta fedeltà. E magari, a Newcastle (o altrove), andrà, chissà, prendendo ancora una volta il posto di Paulo Fonseca, proprio come accaduto a Roma. Del resto la Premier gli ha strappato il cuore e lì prima o poi tornerà. «Non lascio i miei ragazzi, ho firmato per tre anni e non mi muovo da Roma». Ci voleva questo attestato di amore per scaldare i 400 tifosi (eroi) presenti in Norvegia, a un passo dal Polo Nord, dove la Roma oggi pomeriggio affronterà il Bodo Glimt per la terza di Conference League. Il tempo è da lupi, vento e bufera di neve: si gioca sul sintetico, se non altro non ci sarà nulla da obiettare. Però Mou da saggio qual è stavolta non rischia le gambe dei big, che manda quasi tutti in panchina. Ha lasciato a Roma gente come Zaniolo (che conta di recuperare già con il Napoli: «rispettando le sue paure e le fragilità post infortuni») e Karsdorp, oltre ai lungodegenti Smalling e Spinazzola.
Mourinho, legame con la Capitale
Ma stasera la partita diventa un solo un passaggio obbligato, una specie di intralcio, nella sua testa c’è il Napoli e oltre.
Il tempo di attesa
In sostanza, Mourinho per ora deve stringere i denti e accontentarsi, facendo il fuoco con la legna che ha. Ma da uomo d’onore non scappa, nemmeno davanti ai milioni (e investimenti) del fondo sovrano del principe saudita Bin Salman, che ha non da molto rilevato il club di Newcastle. Oggi gli tocca giocare la Conference League ma questo non è l’ambiente in cui vuole stare a lungo. «L’obiettivo è tornare in Champions, che è la coppa più importante. Poi c’è l’Europa League e quindi la Conference. Non c’è da piangere, ma da giocare anche in queste circostanze che sono difficili. Ho già giocato in condizioni simili, ma così è nuovo anche per me. Mi sembra impossibile giocare bene, non tanto per il campo artificiale, ma perché c’è un vento impossibile per fare calcio. Ma dobbiamo giocare, lottare e portare a casa qualcosa. Questa squadra è diventata una famiglia indistruttibile: non c’è sconfitta, non c’è risultato, non c’è gioco io o gioca tu. Inizio a sentire qualche tipo di commento, c’è gente preoccupata. Noi non siamo preoccupati, ma siamo anche felici di quello che stiamo costruendo». Non c’è da piangere, c’è solo da aspettare. Tempo. Quello che serve per costruire una grande Roma, con Mourinho in panchina. Tre anni, almeno. Tre anni possibilmente speciali.