Portogallo-Francia, l'Europa sotto il segno del 7: in finale la sfida dal sapore madrileno tra Ronaldo e Griezmann

Ronaldo e Griezmann
di Ugo Trani
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Sabato 9 Luglio 2016, 09:00
dal nostro inviato
PARIGI Milano-Parigi è la rotta del nuovo derby: 640 chilometri percorsi in fretta. Da San Siro allo Stade de France. Dalla notte della finale di Champions del 28 maggio a quella di domani per l’incoronazione della regina d’Europa, con lo stesso arbitro l’inglese Clattenburg. La replica dopo 43 giorni e soprattutto 9 gol. Li hanno seminati Antoine Griezmann, capocannoniere con 6, e Cristiano Ronaldo, protagonista a metà con 3. Partenza di rigore come l’arrivo. Il lusitano ha tirato l’ultimo per l’Undecima del Real, l’alsaziano ha spiazzato Neuer per indicare ai Bleus la strada che li ha portati a Saint Denis. E adesso proprio il petit diable ha la grande chance per la rivincita. La Nazionale di Deschamps non è l’Atletico di Simeone: parte favorita. Perché gioca in casa e ha abbondanza di campioni, a cominciare da Pogba. Dall’altra parte, però, il Portogallo di Santos si sintetizza facilmente in due lettere e un numero: CR7 uguale pericolo.
 
VISTO DALL’ALTO

Non sono 3 metri sopra il cielo. Ma 265 centimetri sì e, quasi, ci siamo. Lo stacco contro il Galles, galleggiando in aria come i migliori cestisti del pianeta, ha riportato Ronaldo in quota. Ora sono 9 i gol da quando con la sua nazionale frequenta l’Europeo (4 partecipazioni), 5 dei quali segnati di testa. Ha raggiunto Platini che, a 32 anni dall’en plein nell’Europeo dell’84, rischia di perdere, dopo la poltrona di presidente dell’Uefa, anche il primato di miglior realizzatore. Cristiano ha faticato per raggiungerlo, soffrendo quanto con il Real perché frenato dal classico infortunio di fine stagione. Il Portogallo si è qualificato da terzo e ha aspettato il balzo del suo fenomeno per vincere la prima partita che è stata la semifinale di giovedì a Lione contro il Galles. CR7 ha calciato sul palo un rigore contro l’Austria. Poteva essere decisivo come quello sparato alto da Griezmann, sullo 1 a 0 per il Real, a Milano. Ma Santos e i suoi compagni non lo hanno mai scaricato. E, proprio nei giorni in cui Messi è finito nei guai in campo e in tribunale (rigore fallito con l’Argentina nella finale di Coppa America contro il Cile e condanna di 21 mesi per frode fiscale), non ha tradito la loro fiducia e ha preso il volo. Si è fermato, prima di colpire, per 7 decimi di secondo. Lassù. Per guardare gli altri in basso. Gli accade spesso. Il gesto è da Pallone d’oro. Per il quarto è già in testa.

VISTO DAL BASCO
Qui Griezmann non l’hanno voluto. Almeno all’inizio. Da piccolo lo ha scartato il Lione: basso, leggero e fragile. El Gringo, come lo chiama Pogba, a 13 anni se n’è andato in Spagna. A San Sebastian, nei Paesi Baschi, è diventato calciatore con la Real Sociedad, prima di passare all’Atletico. Oggi esulta, mimando il telefono dedicato al rapper Drake, senza usare la sua lingua. Urla «Vamos!» e nessuno si può offendere. Calcisticamente, e non solo, si sente spagnolo. Anche se non ha mai pensato di vestire, nemmeno con le giovanili, la maglia della Roja. Perché è francese più di altri nel team multietnico di Deschamps. Che lo ha avuto già al mondiale in Brasile (niente gol) e che in questo torneo lo ha promosso, avendo dovuto rinunciare a Benzema per lo scandalo a luci rosse e preso atto del momento no di Martial. Il diavoletto torna a Saint Denis dove ha debuttato solo il 5 marzo del 2014 (13 mesi di squalifica dalla Federcalcio francese per una notte brava con l’Under 21), nell’amichevole contro l’Olanda. Il 13 novembre scorso, invece, il giorno degli attentati di Parigi, aspettò negli spogliatoi notizie dalla sorella, uscita illesa dalla sparatoria al Bataclan. Contro la Germania, con il gol di rapina dopo il rigore, ha fatto 13 (in 33 gare con i Bleus). Allo Stade de France, dunque, arriva lanciato: 142 km percorsi in Champions (nessuno meglio di lui). CR7 è avvertito. Anche perché Antoine, con nonno materno portoghese e calciatore, lo manda il Cholo.
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