Ciclismo, Di Rocco: «Froome andava fermato»

A sinistra Di Rocco (foto Toiati)
di Francesca Monzone
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Mercoledì 10 Gennaio 2018, 10:38
Renato Di Rocco, presidente della Federazione italiana del ciclismo, analizza il momento attuale del suo sport e scommette sul ritorno al vertice degli azzurri.
Qual è lo stato di salute del ciclismo italiano?
«Sicuramente ottimo. Siamo secondi come nazione nel ranking europeo e stiamo continuando a crescere in tutte le discipline del ciclismo».
Lei è al suo quarto mandato come presidente della federazione italiana ed è stato eletto come vice presidente nella federazione internazionale. Questo suo nuovo ruolo quanto potrà aiutare il ciclismo?
«Fortunatamente il ciclismo italiano è considerato a prescindere dalle cariche e poi dopo i quattro anni di gestione anglosassone che non si è dimostrata equa e stabile per quanto riguardava lo sviluppo del ciclismo, ora con un presidente francese, con il quale abbiamo sempre collaborato, le cose dovrebbero andare sicuramente meglio».
Sempre più squadre stanno scegliendo l’Italia per i ritiri prima dell’inizio della nuova stagione. Cosa manca al nostro Paese per tornare ad essere un vero punto di riferimento internazionale come negli anni passati?
«Una politica governativa non solo nel ciclismo ma anche negli altri sport. La Francia ad esempio sponsorizza squadre di ciclismo professioniste con fondi che provengono dalle lotterie nazionali e questo perché hanno visto che il ciclismo porta un incremento turistico del territorio».
Lei come vice presidente Uci sta seguendo da vicino il caso Froome. A che punto siamo?
«Attualmente siamo fermi su una valutazione di tipo scientifico, poiché si sta valutando il perché l’organismo dell’atleta non è riuscito ad espellere tutto il farmaco. I dubbi non fanno sicuramente bene al ciclismo. In passato abbiamo già pagato tanto e oggi siamo lo sport più controllato».
Potremmo vedere correre Froome al prossimo Giro d’Italia?
«Froome tornerà a gareggiare già dalla prossima settimana e attualmente non ci sono possibilità per poterlo fermare a meno che non sia la squadra a farlo, come avrebbe già dovuto fare».
Froome ha conquistato il bronzo nella prova a cronometro all’ultimo mondiale e già sapeva di essere stato trovato positivo al controllo antidoping della Vuelta. A suo avviso sarebbe stato giusto fermarlo?
«Torniamo di nuovo sullo stesso discorso: non avrebbe dovuto correre e la squadra avrebbe dovuto fermarlo, ma qui entriamo in un discorso di etica e la Sky non fa parte dell’associazione del ciclismo pulito, scegliendo di affiliarsi ad un’associazione privata. Poi è sotto gli occhi di tutti come la Sky sia diversa da tutte le altre squadre non solo a livello di mezzi economici ma anche di gestione».
Quest’anno il Giro d’Italia partirà da Israele, una grande novità per questo sport. Cosa ne pensa?
«Apprezzo molto questa scelta e guardo più allo sport da tifoso che da politico. Lo sport deve avere una lingua universale e abbattere le frontiere».
Riguardo alla questione sicurezza cosa pensa, tenendo conto degli ultimi fatti accaduti?
«Ci siano già trovati in situazioni particolari e le abbiamo sempre sapute gestire e poi l’organizzazione è a stretto contatto con il ministero degli Esteri per garantire la riuscita dell’evento e salvaguardare l’incolumità di tutti».
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