Se ne va, abbiamo detto, e Mayweather nell’attimo dell’addio ha chiarito che non ci ripenserà. «E’ una decisione ufficiale – ha spiegato Floyd – Sono stati diciannove anni stupendi. Dico grazie a tutti quelli che mi hanno aiutato».
Mr. Money, come Mayweather viene chiamato per la sua immensa ricchezza, ha scelto Berto che l’addio.
L’haitiano era in pugile più adatto per mostrare quello che sapeva ancora fare su un ring. Poca la sua classe rispetto a quella di Flyod che ha potuto essere spietato e preciso sul quadrato. Inferiore, quindi, per esaltare le sue doti nel momento dell’abbandono e farsi ricordare come vincente.
Adesso il pugilato perde un personaggio, forse l’ultimo capace di attirare su di se – e su questo sport – grande attenzione nonostante certi suoi comportamenti come il pazzesco attaccamento ai soldi e il volerli spendere nei modi più folli. Il match con Pacquiao è stato un autentico spot per la disciplina, non solo per la favolosa borsa in palio (150 milioni di dollari per lui: ieri contro Berto, un’esibizione, ne ha avuti 50) )ma per tutto quello che ha rappresentato.
L’ultimo match si è disputato alla MGM Grand Garden Arena di Las Vegas ed è stato arbitrato da Kenny Bayless coadiuvato da Dave Moretti, Adelaide Byrd e Steve Weisfeld (l’incontro potrà essere rivista stasera su Rai Sport1 alle 21). Ha vinto Mr. Money (questi i punteggi sui cartellini degli arbitri: 117-111, 118-110, 120-120) e Berto si è imposto in una sola ripresa, la settima, con un bel sinistro che ha colpito Mayweather. Per il resto, monologo del trentottenne campione del Michigan contro il 32enne rivale nato a Miami.
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