Giuseppe Battiston: «Il mio Churchill, una figura che dovrebbe far impallidire i politici di oggi»

Giuseppe Battiston: «Il mio Churchill, una figura che dovrebbe far impallidire i politici di oggi»
di Caterina Chiara Carpanè
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Mercoledì 15 Gennaio 2020, 18:12 - Ultimo aggiornamento: 18:55

Una scenografia scarna, con una poltrona, pochi altri oggetti e delle luci che ricordano il mondo dello spettacolo: in questo ambiente si muove Giuseppe Battiston, in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 19 gennaio con “Winston vs Churchill”, pièce tratta dal testo di Carlo Gabardini con la regia di Paola Rota. L’attore veste i panni dello statista inglese colto nel suo privato, tra forte carisma, grandi ricordi e senso dell’umorismo.

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In “Winston vs Churchill” si conosce lo statista ormai dopo la sua lunga carriera: si scoprono le sue passioni, i suoi tanti vizi. Come si è preparato a questo ruolo?
Il punto di partenza è stato visionare dei filmati di Churchill. Il teatro ti permette di evadere dall’estrema fedeltà al personaggio che interpreti, a differenza, ad esempio, del cinema dove si tende a essere estremamente attinenti al realismo della vita del personaggio storico che si va a raccontare. Facciamo parlare Churchill non con le sue parole ma con la sua indole, con il suo pensiero. Il teatro ti dà la possibilità di fare un percorso tutto tuo: per questo mi sono costruito la fisicità di un personaggio fragile, lo spettacolo mostra infatti Churchill nella fase finale della sua anzianità in cui era più segnato dalla vita. 

Sicuramente Churchill aveva, ha una forte presenza nell’immaginario storico mondiale che perdura nel tempo. È sopravvissuta qualche caratteristica dell’inglese nei leader di oggi?
In realtà la figura di Churchill ci serve per raccontare che, in epoche ben più complesse di quella che stiamo vivendo, sono esistiti dei politici autentici, veri, in grado di assumersi la responsabilità di una nazione, mettendoci la faccia. Quindi è vero, Churchill è un uomo, una personalità, una figura estremamente controversa ma non possiamo fare a meno di pensare che senza Churchill la vittoria della guerra sarebbe stata impossibile. Da un certo punto di vista deve invitare a far riflettere: io lo porto come esempio di capacità decisionale, di visione prospettica verso il futuro. È una figura enorme che dovrebbe, in qualche modo, far impallidire i politici con cui ci troviamo ad avere a che fare in quest’epoca.



La pièce vede al centro lo scontro/incontro tra l’anziano statista e la giovane infermiera idealista Margaret, interpretata da Lucienne Perreca: cosa può insegnare la figura di Churchill ai giovani di oggi? Senza la storia di Margaret, quella di Churchill sarebbe bidimensionale, perché in assoluto è fondamentale il confronto tra due generazioni e soprattutto capire oggi cosa i politici realmente fanno per i giovani. Per me è importante riscoprire la figura di Churchill per mostrare come un uomo si è fatto carico delle tensioni e dei problemi della sua epoca e ha traghettato la propria nazione da un passato oscuro verso il futuro, non accontentandosi di gestire il presente. Vorrei che lo spettacolo facesse riflettere sul ruolo della politica, dell'essere un politico e sull’importanza della responsabilità che quel ruolo comporta.

Durante lo spettacolo viene citato un discorso di Churchill sugli Stati Uniti d’Europa: qual era il rapporto di Churchill con l’Europa di ieri e come sarebbe ora in tempi di Brexit?
Churchill era un visionario. Già settant'anni fa lui parlava d'Europa unita. Questo è inevitabilmente riscontrabile nel nostro presente ed era per noi un elemento importante. Certo nella sua Europa era inclusa anche l'Inghilterra: non credo che apprezzerebbe la Brexit perché è figlia di un’ondata populista che viene cavalcata un po' in tutto il continente con toni pericolosamente violenti. Penso che si distanzierebbe da una posizione così lontana dalla sua visione della democrazia. -

Lei passa con successo tra teatro, cinema, ma anche televisione, dove ha interpretato ruoli più pop, l’ultimo dei quali nell’apprezzata fiction di Rai 2 “Volevo fare la rockstar”, con un cast molto giovane. Pensa si sia arrivati a una svolta nella serialità italiana, sia per temi che ambientazioni?
Non saprei dire se c'è una svolta nella fiction italiana, ma sicuramente la differenza la fanno le persone e i progetti fatti bene con storie interessanti. È stata un'esperienza positiva recitare con giovani pieni d'entusiasmo.

Dove rivedremo Giuseppe Battiston nei prossimi mesi?
Ho dei film in uscita: uno è “Il grande passo” di Antonio Padovan presentato al Torino Film Festival, mentre l’altro è una commedia diretta da Rolando Ravello dal titolo “È per il tuo bene”.  

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