Alex Britti festeggia al Piper 40 anni di chitarra: «Il mio sogno resta Sting»

Alex Britti festeggia al Piper 40 anni di chitarra: «Il mio sogno resta Sting»
di Davide Desario
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Lunedì 11 Dicembre 2017, 20:44 - Ultimo aggiornamento: 13 Dicembre, 21:44

Si può festeggiare una chitarra? Sì, se a farlo è Alex Britti che quelle sei corde le suona da ben quarant'anni. E lo farà stasera in un concerto al Piper insieme ad amici di oggi e di ieri: una grande jam session con i suoi grandi successi tutti riarrangiati tenendo fuori il pop e l'elettronica e strizzando l'occhio al jazz.

Che successe quarant'anni fa?
«Avevo 7 anni. Ci eravamo trasferiti a Monteverde vecchio. Mi regalarono una chitarra. Insieme al mio amico Vincenzo andammo in parrocchia dove c'era un prete che insegnava a suonarla. Ho iniziato. E non mi sono più fermato».


 

 

Quarant'anni di canzoni: a quale è più legato?
«Mi viene da dire Oggi sono io. Una grande scommessa. Quando scelsi di portarla a Sanremo i discografici non erano contenti perché era una canzone troppo blues per diventare un successo pop. E invece bisogna osare. O meglio fare quello che si ha nel cuore. Non si sbaglia mai».

Quella da cancellare? «Non ricanterei Sono contento. Anche quella portata al Festival. Mi sono un po' allargato. Era troppo difficile per me».

Tantissime collaborazioni: chi l'ha stregata?
«Ray Charles. Suonammo insieme Volare a Sanremo. Il giorno prima alle prove avevo i brividi. Lui era un po' titubante ad avere a fianco un ragazzetto, per di più italiano. E forse pensava non conoscessi il blues. Ma ha poi capito che parlavamo la stessa lingua. Emozionante».

Con chi sogna di lavorare? «Sicuramente Sting, tra i contemporanei è quello più trasversale. È partito dal punk, poi rock e pop. Un artista deve cambiare. Io non credo a quelli che restano uguali tutta la vita. Se passi da suonare nelle cantine a suonare negli stadi non può cambiare solo il conto in banca».

A proposito di cambiamenti... la sua foto su WhatsApp è con suo figlio di cinque mesi: gli ha già dedicato una canzone?
«Una canzone no. Perché come personaggio già tutto quello che faccio è in piazza. Almeno mio figlio lo tengo per me. Non è per tutti, è mio figlio. Però senza dubbio mi ha cambiato e c'è un po' di Edoardo in tutto quello che sto scrivendo».

Lei è figlio unico. Lo sarà anche lui? «No. Farò del mio meglio per dargli fratelli e sorelle. Voglio una squadra di calcio».

Un concerto al Piper. Ma a Roma si è perso il gusto della musica dal vivo nei locali?
«Un po' dappertutto in Italia. Solo Parigi, Londra e Berlino sono rimaste le capitali della musica dal vivo. Roma è in un momento di transizione. Serve gente competente che la gestisca. E noi tutti dobbiamo avere maggiore senso civico».

Se iniziasse oggi, parteciperebbe a un talent?
«Lo farei a modo mio, con disincanto. Li vedo perché piacciono alla mia compagna: sono ottimi per la televisione, ma la musica è un'altra cosa. Tant'è che molti di loro quando poi escono dal piccolo schermo sono in difficoltà».
 

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