Male capitale, la misera ricchezza del clan dei Casalesi raccontata da un pm

Male capitale, la misera ricchezza del clan dei Casalesi raccontata da un pm
di Sabrina Quartieri
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Lunedì 9 Maggio 2016, 17:00 - Ultimo aggiornamento: 11 Maggio, 14:01

Da don Peppino Diana, barbaramente trucidato dai Casalesi nel 1994, all’abbandono delle residenze lussuose un tempo appartenute ai capiclan, fino alla devastazione dei luoghi simbolo di una terra maledetta, quella di Camorra. Con l’esperienza del grande magistrato, Catello Maresca torna nelle librerie con “Male capitale”, un racconto di fantasia, ma sempre lucido e didascalico, che svela segreti e rituali dei più spietati clan della Camorra e delle operazioni giudiziarie che li hanno condotti in carcere. Edito da Giapeto, quest’ultimo lavoro del pm della DDA di Napoli si rivolge a giovani e adulti per smascherare la misera ricchezza dei Casalesi, tratteggiando una Campania dove nulla è come sembra. A parlare, insieme ai commenti di Maresca, sono le straordinarie immagini (molte delle quali inedite) del giornalista e fotografo Nicola Baldieri, che tratteggiano un affresco crudo e quasi surreale, in cui tetti d’amianto e rubinetti d’oro sono due facce della stessa medaglia; ovvero di quel sommo maleficio che l’autore combatte sul campo da oltre 15 anni. 

A spiegare la genesi del libro, è lo stesso Maresca, che dopo aver raggiunto importanti risultati come l’arresto di Michele Zagaria, capo indiscusso della famigerata cupola casalese e latitante per oltre 16 anni, un giorno si trova a dover rispondere alle domande più difficili della sua carriera da sostituto procuratore. Ovvero quelle innocenti di suo figlio, il più piccolo, che gli chiede cosa faccia un magistrato e se davvero il suo sia un lavoro così rischioso come dicono. E’ in quel preciso istante che Maresca decide di rispondere raccontando una storia di realtà, alleggerita un po’ da elementi di fantasia: “Ho avuto l’idea di dare occhi ai pensieri e alle parole che si sono spesi e si spendono sulla terra di Camorra, e voce alle immagini, le uniche capaci di rendere fino in fondo cosa significhi vivere a certe latitudini…Così, ho cercato le foto più significative che avevo raccolto nel corso delle indagini, e ho provato a rappresentare nel mio piccolo tutto questo in una prospettiva dissacrante, volutamente stravolta e rovesciata. 

Quello di Maresca diventa quindi il racconto dei “Caponesi”, un clan efferato che opera nella provincia di Lacerta, fondato da Antonio Porcellino e retto per 20 anni da un quadrunvirato criminale composto da Francesco Liberone, detto la Perla di Labuan, Francesco Bidonville, detto Cicciotto ‘o Sonnambulo, Antonio Vinaccia, ‘o Simpatico, e ovviamente, Michele Bagaria, conosciuto come Capamalata. Nomi inventati per un pubblico di bambini e ragazzi, soprattutto. Ma chi conosce i fatti, sa… Basta aprire il libro e iniziare a leggere, per riconoscere tutti i personaggi reali, quelli con cui Maresca ha avuto a che fare durante la sua carriera di magistrato. I loro volti sono documentati nelle foto presenti, che mostrano allo stesso tempo lo sfarzo di case lussuose e sempre più kitsch, dei criminali; i bunker angusti e maleodoranti dove i latitanti vivono come topi nel sottosuolo; gli scheletri abbandonati di una terra violentata, recuperati grazie all’intervento delle forze dell’ordine e della magistratura, beni che nascono sfortunati, e che sono destinati a un’esistenza tormentata, come l’ex hotel Zagarella, la zona del Parco Saraceno, quartiere ‘fantasma’ di Volto Domitio o l’azienda bufalina di Francesco Liberone.

Ma nel libro c’è anche una parte che regala al lettore un messaggio di speranza: è rappresentato soprattutto quei beni confiscati che nel tempo sono riusciti a tornare a buona vita, grazie all’intervento dello Stato: ne sono esempio il villino tolto all’esponente dei “Caponesi” Mario Canarino, dove si sta allestendo una pizzeria sociale, o la ex casa del boss Dante Vespicella, oggi trasformata in un centro antiviolenza. E tante sono le foto che raccontano di gente che ha voglia di riscattare una terra distrutta, riempita di rifiuti e dove si respira un’aria nociva. Uno scatto più degli altri rappresenta la rinascita di un pezzo di Campania dove a perdere è stata la Camorra. Si trova a pagina 220 ed è dedicato a don Peppino Diana, noto per aver sacrificato la propria stessa vita per il bene di questa terra.




“Male capitale” di Catello Maresca (Giapeto editore, pagg. 247; euro 18)

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