Da poco terminata la seconda guerra mondiale il giovane Luigi Squarzina scrive un dramma intitolato L’Esposizione Universale. Dimenticato per decenni, andrà in scena per la prima volta in Italia soltanto nel 2015 con la regia di Piero Maccarinelli al Teatro India di Roma. La descrizione della prima scena dà un’immagine vivida e tremenda della sorte subita dall’immenso complesso denominato EUR, una colossale struttura urbana progettata e in parte costruita per celebrare l’Esposizione Universale del 1942 che non si tenne mai, a causa della guerra. Ecco il bel testo di Squarzina: «...siamo nell’estate del 1946. L’azione ha luogo fuori Roma in Località Tre Fontane. I lavori dell’Esposizione mussoliniana, sospesi il 10 giugno 1940, non furono ripresi e l’immenso cantiere rimase deserto fino all’autunno 1943 quando venne occupato dalle truppe tedesche dopo le giornate di Porta San Paolo. Poi fu la volta delle truppe alleate...…Adesso, a venticinque mesi dalla fine della guerra, l’Esposizione sembra disabitata. Ma non lo è. Da tempo hanno battuto alle sue porte pattuglie di un altro esercito, quello dei senzatetto. La scena raffigura un ambiente al pianterreno di uno dei palazzi all’estremo sud del pianoro… L’impressione generale è grandiosa, di una grandiosità vacua e voluta».
EUR 42
La formidabile visione di Squarzina, contiene in sé un giudizio storico-critico ineccepibile, da cui si potrebbero trarre spunti ragguardevoli proprio adesso, preparandosi Roma all’agone per l’Expo 2030. L’Eur, per molti anni dopo la fine del conflitto, sembrò l’immagine ribaltata di quello che il sommo teorico dell’architettura del Cinquecento Sebastiano Serlio disse in un suo passo famoso: «Roma quanta fuit ipsa ruina docet», cioè sono proprio le rovine a farci capire veramente quanto grande sia stata Roma. La Roma moderna, del sedicesimo secolo, recava in sé le tracce di una immensa grandezza rintracciabile appunto nei colossali frammenti e nei ruderi giganteschi giunti fino a noi per larga parte irriconoscibili ma marcati in eterno da questa sorta di maestà imperiale che gareggia col tempo e non si arrende. Così, immane e prostrata al contempo, la racconteranno le immagini create da Giovanni Battista Piranesi nel Settecento e così la videro gli archeologi e gli architetti del Regime mussoliniano. L’Eur faceva un’impressione analoga ancora alla metà degli anni Cinquanta del Novecento. Gli immensi, metafisici palazzi eretti in parte fino alla forzata interruzione dei lavori, davano ancora bene il senso dell’eccellenza anche tecnica del progetto generale, anche se il confine tra l’incompiuto e il demolito poteva risultare, in alcuni emblematici casi, incerto. Esempio buono, la Stele dedicata a Guglielmo Marconi. L’insigne maestro Arturo Dazzi, incaricato da Mussolini nel 1937, non riuscì a combinare niente entro la prevista inaugurazione del 1942, ma fece poi tutto dopo la fine di Mussolini, confermato nel lavoro dalla famiglia Marconi. La stele fu montata nel 1959. Ma intanto era già cominciata nell’area Eur una edificazione nuova ma coerente con i presupposti sulla base dei quali il progetto originario era sorto. E la Roma democratica celebrò al meglio le Olimpiadi del 1960 con edifici di rilevanza universale come il Palazzo dello Sport di Pier Luigi Nervi e il bel lago artificiale, già impostato dal Regime ma rimasto interrotto a lungo. E queste opere concludono efficacemente il tragitto annoverante una serie di punti focali di potente presenza, tutti risalenti all’era fascista (in riferimento al progetto generale del principe degli architetti Marcello Piacentini) ma quasi tutti non terminati, come i palazzi costituenti le Esedre all’ingresso del percorso, il Palazzo dei Congressi, il poderoso Colosseo Quadrato (Palazzo della civiltà italiana), Il Salone delle Fontane. È una lezione valida anche per l’oggi, accingendosi le attuali amministrazioni a sviluppare un analogo criterio di formidabili edificazioni per un valido progetto destinato a costituire la sede dell’Expo 2030, sulla base del principio dello sviluppo urbanistico (e non dunque di padiglioni effimeri) connesso col principio della espansione della città.
L'esperienza dell'Eur
E c’è qui una determinante analogia metodologica con la storia del progetto generale dell’Eur, storia per certi versi negativa ma per altri invece esemplare, volta appunto alla costruzione della città secondo la sua implicita vocazione territoriale e gestionale, una volta individuate le aree di legittima espansione.
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