Sabato sera, ore 22, dalla polizia del Casilino arriva una richiesta per un’autoambulanza: un semplice codice giallo per un uomo. Ma due ore dopo: il mezzo non è ancora arrivato. E al 118 arriva una telefonata di sollecito, ma i mezzi - per una serie di congiunture - sono destinati soltanto ai casi più urgenti. La ripartizione a Roma delle zone d’intervento dell’Ares, con la collocazione delle stesse macchine, è concentrica: e in quell’area non c’erano disponibilità se non per le emergenze. Questo, almeno, è quello che avviene dopo le 22, quando le autoambulanze nelle strade della Capitale sono in media circa 44 in una città sulla quale gravitano ogni giorno quasi quattro milioni tra residenti, turisti e pendolari.
Roma, pronto soccorso in tilt: giorni di attesa per un letto. Ambulanze ferme 18 ore
Le proposte
Un episodio che segue il caos dello scorso fine settimana, quando la rete è andata in tilt per un boom di ricoveri, con il risultato che sono state 97 le autoambulanze bloccate. All’ospedale Sant’Andrea, per esempio, un mezzo è rimasto fermo nel piazzale per diciotto ore. Perché spesso, dietro questi blocchi, ci sono le lunghissime attese ai pronto soccorso e la mancanza di posti letto nei reparti per trasferire i pazienti dai Dea alle corsie. Una situazione sulla quale la Regione Lazio è pronta a intervenire nei prossimi giorni.
A breve dovrebbe essere approvata una delibera dell’assessorato alla Sanità, che recepirà i contenuti di un protocollo firmato lo scorso 13 maggio dallo stesso assessore Alessio D’Amato con i vertici del Simeu (la Società Italiana della medicina di emergenza-urgenza, che raccoglie medici e infermieri impegnati nei Dea) e con l’associazione Cittadinanza attiva.
Sempre la Regione ha già inviato le stesse disposizioni ai direttori generali delle Asl e delle aziende ospedaliere.