Roma, all'Alexanderplatz Jazz Club il pianista Francesco Cavestri in trio

Il giovane pianista classe 2003 si esibirà a Roma il prossimo 10 gennaio alle 20.30

Roma, all'Alexanderplatz Jazz Club il pianista Francesco Cavestri in trio
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Lunedì 9 Gennaio 2023, 14:35

Martedì 10 gennaio alle ore 20.30 il giovane pianista Francesco Cavestri si esibirà all'Alexanderplatz Jazz Club di Roma, luogo iconico per la scena jazz capitolina, per un’esclusiva performance in trio che affiancherà al repertorio jazz anche quello dell’ hiphop italiano, per continuare il progetto di contaminazione che il pianista sta portando avanti con il suo album d’esordio “Early 17”, un progetto composto da 9 tracce inedite e i featuring di Fabrizio Bosso e Silvia Donati, una combinazione di hip-hop, soul e R&B, con elementi del jazz-fusion contemporaneo.

Classe 2003, entrato a soli 13 anni al corso jazz del Conservatorio di Bologna, dopo anni di studio e dedizione allo strumento del pianoforte, Francesco Cavestri sbarca giovanissimo negli Stati Uniti dove ha modo di frequentare la scena musicale newyorkese e ottenere importanti risultati, tra cui l’iscrizione alla Summer School del Berklee College of Music di Boston, dove nel 2021 otterrà anche una borsa di studio e dove conoscerà il gruppo di musicisti che si esibirà con lui.

Hai esordito con un album che pesca a piene mani tra jazz e hip hop ma nei tuoi concerti proponi anche rivisitazioni di Radiohead e Chick Corea… Come riesci a conciliare nel tuo singolare progetto tutti questi generi?

Sono profondamente convinto che la musica, così come l’arte in generale, sia da considerare sempre nella sua interezza. La distinzione dei generi, e la costruzione di muri o vincoli tra essi, penso sia il più delle volte puramente convenzionale.

Come sostiene Quincy Jones quando parla del suo periodo di studio in Francia con Nadia Boulanger, la quale era solita ricordare ai suoi allievi quanto fosse incredibile il fatto che tutta la musica mai scritta nella storia contenesse sempre le stesse 12 note. Solo 12. Tutta la musica. Ecco perché nei miei concerti e progetti mi piace spaziare tra generi diversi: dai Radiohead a John Coltrane, passando per Ennio Morricone e Kendrick Lamar, fino ad arrivare ai brani originali contenuti nel mio disco “Early 17” (uscito a marzo 2022 con la partecipazione di Fabrizio Bosso in due tracce) che fanno tesoro di tutte le sonorità che ho ascoltato e assorbito in questi anni anche con lo studio al Conservatorio di Bologna.

In "Early 17”, ideato e registrato a 17 anni, si trovano degli esempi del mio processo creativo: la prima traccia, “Intro / Salute to Dilla” è l’unione di una parte originale scritta da me a cui segue una citazione a “The Look of Love” degli Slum Village, pietra miliare della tradizione hip hop. Questo è il modo più efficace che conosco per trasmettere il turbine musicale che mi definisce. La cosa più divertente in assoluto è poi trovare i collegamenti tra gli artisti che propongo: ad esempio, lo sapevate che Thom Yorke, leader dei Radiohead e degli Smiles, ha detto a più riprese che per la scrittura dell’album “Kid A” si è ispirato in maniera notevole alla musica del maestro Morricone? Questi viaggi tra i generi e gli artisti sono la linfa vitale della mia musica e delle mie composizioni.

La scena jazz inglese e quella americana attingono ormai dall’hip hop. Tu quale preferisci?

Le due scene che hai menzionato sono esempi perfetti per il discorso che facevo prima. Alla scena americana ci sono legato da diverso tempo. Ho cominciato ad ascoltare jazz grazie a Miles Davis, Bill Evans, Chick Corea, Wayne Shorter, approdando poi a un emisfero più moderno con Herbie Hancock e Robert Glasper. Le collaborazioni di quest'ultimo con Kaytranada (dj e producer canadese) e Kendrick Lamar (rapper californiano) mi hanno aiutato a comprendere come mondi musicali apparentemente distanti tra loro fossero in realtà estremamente affini. Questa versatilità musicale tipicamente americana è stata una delle ragioni per cui ho scelto di studiare al Berklee College of Music di Boston, dove ho conseguito una borsa di studio, e di frequentare la scena musicale newyorchese. Alla scena inglese ci sono arrivato più recentemente, ascoltando artisti come Tom Misch, Yussef Dayes, Kamaal Williams. Il Regno Unito è straordinario specialmente per tutto ciò che è legato alla musica elettronica, con artisti del calibro di Floating Points, Four Tet, Aphex Twin (irlandese), grazie ai quali ho ampliato ulteriormente il mio orizzonte di ispirazioni. Noto che l'Italia sta cominciando a farsi spazio all’interno di questo mondo creando una propria scena che affonda le radici nel jazz ma sa innovarsi, reinventarsi, parlare a un pubblico giovane che ha bisogno di percepire le contaminazioni per avvicinarsi a una musica finora da loro poco conosciuta. È quello che sto cercando di fare con il mio progetto "Early 17”, ed è bello vedere ai miei concerti molti ragazzi che conoscono poco il jazz appassionarsi e apprezzare il viaggio che compio abbattendo le mura tra i generi. Come ha detto Paolo Fresu, dopo aver ascoltato l’ultimo concerto che ho proposto al Bologna Jazz Festival, “progetti come quello di Francesco, mediati da un giovane come lui, sono il miglior veicolo per raccontare che il jazz è una musica per tutti, soprattutto per i giovani”. Per queste ragioni ho ideato, con l’associazione Il Jazz Va a Scuola, la lezione-concerto “Jazz / hip hop - due generi fratelli”, per raccontare come tutte le musiche oggi maggiormente ascoltate dai giovani discendano direttamente dal jazz, che è intergenerazionale e oggi come ieri riesce a esprimere in pieno la complessità e le turbolenze della società. Solo così si mantiene viva la musica. Solo così essa perdura nel tempo.

Abbiamo visto sui tuoi social che ti sei cimentato tu stesso in esperimenti cantati. È un percorso che pensi di proseguire o si è trattato solo di esperimenti?

Sì, è vero. Tra i miei programmi futuri rientra un progetto cantato, quindi non si è trattato solo di sperimentazioni fine a se stesse. Già nel mio disco "Early 17" era presente il brano “Letter to a Lover", con testo e musica scritti da me, eseguito dalla bravissima cantante jazz Silvia Donati. Oggi i miei ultimi esperimenti cantati nascono proprio da un percorso di lezioni di canto con un tenore, che sto portando avanti da qualche anno. Ho già inciso due brani, dai titoli “Tutto Me” (con la collaborazione di Roberta Gentile, voce degli Incognito) e “Sorridi”. Si tratta di canzoni a cui sono molto legato, e di cui ho scritto per entrambe sia testi che musiche. Prossimamente comunicherò le date di uscita. Parallelamente a questo ho registrato altri brani: alcuni sempre appartenenti al mondo del jazz, con il pianoforte a fungere da fulcro creativo; altri in cui la musica incontra alcuni tra i capolavori cinematografici italiani che più ho amato. Spero di potervi parlare di tutto ciò molto presto, intanto però penso a portare in giro per l’Italia "Early 17".

Il 10 gennaio a Roma all’Alexanderplatz, il 24 febbraio alla Cantina Bentivoglio di Bologna, il 24 aprile di nuovo a Roma alla Casa del Jazz e in estate al festival di Paolo Fresu in Sardegna. Nuove date in aggiunta verranno comunicate sui miei profili social

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