Roma, la clausola di James Pallotta per lo stadio: «Compro se c'è la variante»

Roma, la clausola di James Pallotta per lo stadio: «Compro se c'è la variante»
di Lorenzo De Cicco
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Martedì 20 Novembre 2018, 10:02
La trattativa è in fase avanzata, tanto che, senza troppo clamore, sarebbe stato informato anche il Campidoglio: James Pallotta punta tutte le fiches sul progetto stadio, nonostante il tornado giudiziario che a giugno ha travolto l’operazione e il gruppo Parnasi. Il manager di Boston, come ha svelato Il Messaggero un mese fa, è intenzionato a tirare dritto anche senza soci, comprando il progetto dalla Eurnova, la società di Luca Parnasi, ora guidata dal nuovo ad Giovanni Naccarato, da Riccardo Tiscini come presidente e dal consigliere d’amministrazione Giovanni Sparvoli. Il patron della Roma ha cominciato a pensarci subito dopo l’arresto del costruttore, all’inizio dell’estate, ma nelle ultime settimane c’è stata un’accelerazione. Tanto che si potrebbe arrivare a un accordo addirittura prima di Natale. E prima che il Campidoglio voti la variante urbanistica, sempre che la due-diligence chiesta da Raggi accenda un semaforo verde a questa controversa operazione calcistico-immobiliare. Ecco allora la clausola che Pallotta, da quanto trapela, vorrebbe inserire nel contratto con Eurnova: l’affare si fa, ma la transazione per rilevare il “pacchetto Tor di Valle” (cioè il progetto più i terreni dell’ex ippodromo dove dovrebbe sorgere lo stadio e il mega-complesso di uffici, negozi e alberghi) verrebbe messa a segno solo a iter concluso, cioè con il voto in Assemblea capitolina della variante urbanistica. L’ultimo passaggio di una trafila sin qui tortuosa, che nei programmi di Parnasi avrebbe dovuto essere portato a dama già a luglio, poi l’inchiesta della Procura e gli arresti in batteria hanno rovinato i piani al costruttore.

GLI ACCERTAMENTI
Si arriverà a un voto solo se la doppia ispezione «su tutti gli atti amministrativi», come ha detto Raggi, darà esito positivo. Cioè se sia i tecnici degli uffici comunali, sia i prof esterni del Politecnico di Torino, incaricati dalla sindaca, diranno che l’iter del progetto, nonostante le accuse di tangenti, non è stato viziato e che il piano delle opere pubbliche è adeguato alle cubature da record concesse ai proponenti, ampiamente sopra ai limiti del Piano regolatore. Ma più delle ricognizioni volute da Raggi - che in queste settimane ha fatto trapelare un’apertura di fondo al progetto, dicendo che «senza disastri, si va avanti» - è la tenuta della maggioranza grillina in Aula Giulio Cesare a impensierire i privati. Perché l’inchiesta della Procura ha rinvigorito la pattuglia dei contrari (del resto il M5S fino al 2016 era un fiero oppositore del progetto) e ha ampliato il fronte dei dubbiosi.

RISCHIO PLUSVALENZA
Il rospo da digerire, per i grillini, è la plusvalenza che Parnasi, indagato per corruzione, rischierebbe di incassare vendendo i terreni a Pallotta.
Una cifra nero su bianco ancora non c’è, ma l’accordo potrebbe chiudersi intorno ai 100 milioni di euro per tutto il progetto (e la Eurnova nel 2012 ha comprato i terreni a 42 milioni, senza pagare per intero). È questo il nodo scorsoio da sgrovigliare prima della conta finale sugli scranni dell’Assemblea capitolina. Conta che non avverrebbe, in ogni caso, prima del prossimo anno. Gli stessi stadisti, in questi giorni, mettono in calendario il varo dell’operazione tra maggio e giugno del 2019, perché troppe tessere devono ancora essere incastrate nel puzzle di Tor di Valle, prima che si possa arrivare al via libera del Consiglio comunale. Ecco perché anche Pallotta, in questi giorni, cerca di tutelarsi. Continua a fiutare l’affare e prova a stringere con Eurnova (anche perché altre società si sarebbero fatte avanti per subentrare), ma allo stesso tempo chiede un accordo blindato, che lo tuteli nel caso in cui il progetto finisca a carte per aria. E il 27 novembre sarà a Roma, magari non solo per vedere il match dell’Olimpico contro il Real Madrid. 
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