«Roma è la Capitale. Per la Capitale dovrebbe essere scelto sempre il meglio. Qui, usano i mezzi di nonno, il tram, nemmeno fossimo all’inizio del ‘900. Mentre il mondo va avanti, magari verso le monorotaie, qui si torna al passato». Fausto Testaguzza, ingegnere, già membro del Consiglio regionale dei Lavori pubblici e componente di Italia Nostra Roma per la quale aveva curato dossier urbanistici su Ostia, il litorale, la pineta di Castel Fusano, e oggi componente degli Ambientalisti Liberal e dell’associazione Civiltà Nova, è netto: il tram è «il mezzo di nonno. Va ripensata la mobilità pubblica a Roma».
Parliamo del progetto del Comune, spinto dalla lobby filotranviaria con la complicità degli pseudoambientalisti tanto cari alla sinistra, di realizzare una nuova linea tranviaria da Termini (palazzo Massimo) al Vaticano (piazza Risorgimento) e all’Aurelio (piazza Giureconsulti). Nelle previsioni del Campidoglio, i cantieri dovrebbero aprire ad aprile 2024, essere sospesi per l’Anno Santo, riaprire nel 2026 e concludersi a febbraio 2028 con inizio del servizio viaggiatori per marzo di quell’anno. Costo totale preventivato, per realizzare i tre capolinea e 18 fermate lungo gli 8,9 km totali di binari: 294 milioni di euro, 120 con fondi Pnrr e 174 con soldi accantonati dal Ministero dei Trasporti. Dal Campidoglio, zero. L’opera dovrebbe transitare nelle zone più delicate di Roma: via Nazionale, piazza Venezia, Corso Vittorio. Poi, sotto gli archi del medievale Passetto di Borgo e davanti all’Ospedale Santo Spirito in Sassia.
Contro quest’opera che, ciclicamente, viene riproposta, oltre il «no» secco di residenti e commercianti (che hanno in corso una raccolta firme contro) e albergatori, si sono schierati diverse personalità.
LE CRITICITÀ
Ognuno di loro ha evidenziato una serie di criticità: mezzo concettualmente vecchio, pericolo per i beni archeologici e monumentali, interferenze con le sedi istituzionali e il transito dei mezzi di emergenza, blocco dell’accesso del pronto soccorso dell’Ospedale Santo Spirito in Sassia, traffico a rischio paralisi nei nodi di Termini, via IV Novembre e lungotevere in Sassia. «Il problema - riprende l’ingegnere - è che Roma deve liberarsi della morsa del traffico asfissiante e quotidiano, incominciando a progettare e poi a realizzare una nuova mobilità pubblica sostenibile che va disegnata su scala di area metropolitana. Qui, invece, si tira fuori un progetto vecchio di decenni, vecchio nella forma e nella sostanza. Ma seriamente, vogliamo pensare che il tram, che andava bene alla fine dell’800, sia il mezzo del futuro?».