La terribile notte del terremoto di Amatrice: Giovanna si salva, il figlio Paolo no. «La notte ho ancora gli incubi»

La terribile notte del terremoto di Amatrice: Giovanna si salva, il figlio Paolo no. «La notte ho ancora gli incubi»
4 Minuti di Lettura
Martedì 24 Agosto 2021, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 08:38

RIETI - Per Giovanna la vita è stata tutt’altro che facile. Rimasta vedova nel lontano 1971, ha tirato fuori tutta la grinta e la dignità possibili per crescere quattro figli, tre maschi e una femmina: Massimo il più grande, Fabio, Rossana e Paolo, il più piccolo. Dopo la separazione dalla moglie, Paolo era tornato a vivere con lei, «perché avevano un rapporto speciale, lui riusciva ad intavolarci un dialogo che noi altri figli non riuscivamo ad avere». Dormivano vicini, Paolo e Giovanna, a pochissimi metri di distanza l’uno dalla stanza dell’altro, al primo piano del civico 5 di piazza Sagnotti, in un appartamento dell’Ater riscattato con il lavoro e i sacrifici. Un nucleo familiare sereno, che si era addormentato in una notte d’estate, di quelle che sembrano come tante altre. E invece, è il 24 agosto 2016. 

L’inferno. «Io abitavo nella piccola frazione di Amatrice Cornillo Nuovo - dice Massimo - in una casa che avevo fatto ristrutturare di recente in maniera antisismica, tanto che non ha avuto alcun danno». La scossa di terremoto delle 3.36 è fortissima, ma l’inferno non si comprende subito. «I telefoni di mamma e di Paolo squillavano, sia quello fisso che i cellulari.

Pensavo si fossero spaventati o che addirittura stessero dormendo, non mi sono preoccupato più di tanto». Fino a quella strana nube: «Cornillo è in una posizione più alta rispetto ad Amatrice, intravedevo laggiù una strana nuvola di polvere, sempre più nitida con le prime luci». Per i vicini di casa è solo foschia, ma Massimo è sempre più convinto sia polvere, e corre giù al paese insieme al cognato Mauro, fino ad arrivare in un’irriconoscibile piazza Sagnotti.

«Le palazzine erano collassate su sé stesse, c’era il tetto al primo piano». Grida i nomi della mamma e del fratello, a squarciagola. Giovanna risponde quasi subito, Paolo mai. «Mia madre mi ha detto subito che stava bene, era dolorante e coperta di calcinacci, ma era viva. Ho iniziato a parlarle, per non smettere di tenerla vigile». 
Arrivano anche l’altro fratello, la sorella. E vuoi per una vita di lavoro in Polizia, vuoi per un carattere particolarmente razionale, Massimo riesce ad essere lucidissimo. «Abbiamo chiamato soccorsi, preso attrezzi di fortuna per sollevare le prime macerie. Ma soprattutto era necessario continuare a parlare con mamma, e abbiamo scelto di farlo a turno. Il punto in cui dovevamo posizionarci per farci sentire era pericolosissimo, eravamo sotto un’ala che stava per crollare, e le scosse continuavano. Se dovevamo morire, almeno ne sarebbe morto uno». Giovanna continua a parlare con i figli, scherza, anche. E chiama Paolo, che non risponde. 

«Dicevamo anche sciocchezze, stupidaggini. Lei reagiva, tirava fuori una voglia di sopravvivere inimmaginabile». Massimo non resiste fino all’arrivo dei soccorsi, si mette a scavare insieme a due ragazzi di cui non ricorda né nome né faccia, sa solo che tutti e tre insieme riescono a tirar fuori Giovanna. Poi, si cerca di arrivare a Paolo. «Uno dei ragazzi, più minuto di me, si è inserito tra i sassi fino al busto, poi ci ho provato io. Le loro stanze erano vicine, quindi anche mio fratello doveva essere nei paraggi. Ho saputo solo dopo che in realtà erano distanti, perché la camera di mamma era scesa fino al garage, quella di Paolo invece era rimasta al suo posto.

Il riconoscimento. Il corpo senza vita di Paolo Moriconi, 45 anni, viene tirato fuori alle dieci e mezza di sera. «Ho fatto io il riconoscimento - dice Massimo - è morto probabilmente per schiacciamento. Forse subito, chissà». Quella notte, mamma Giovanna aveva capito subito che il figlio più piccolo non ce l’avrebbe fatta, forse sul filo di quel legame speciale che c’era tra loro. Oggi ha 75 anni, vive in una Sae del centro di Amatrice, e vuole starci da sola.

«Le abbiamo proposto di venire ad abitare con noi e con i nipotini, ma non ne vuole sapere. Vuole lasciarci i nostri spazi, e lei vuole avere i suoi. Si vede con le poche amiche rimaste in vita, guarda tanta tv, fa l’uncinetto. A volte ha gli incubi, rivive nel sonno quella notte».

© RIPRODUZIONE RISERVATA