Il padre è sposato in Ucraina, il figlio vuole portarlo a Rieti

Diego nel suo chiosco a Rieti
di Sabrina Vecchi
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Venerdì 18 Marzo 2022, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 13:29

RIETI - Il furgoncino rosso di Diego, a Rieti, è ormai un’istituzione, che rende le pause pranzo meno noiose e certamente appetitose. La sua paninoteca su ruote staziona nei pressi della Motorizzazione civile e offre panini farciti per tutti i gusti, oltre a un sorriso pacioso e due sane chiacchiere. Diego conosce questo desiderio di spensieratezza dei lavoratori e ha deciso di affidare alla sua pagina social le “scuse” per un periodo in cui appare un po’ nervoso. 
«Un motivo c’è ed è lo stesso per il quale auguro quotidianamente una brutta, pessima, atroce fine al dittatore russo. Mio padre è lì, per sua scelta sia chiaro. Non ci parliamo da un po’ ormai, per rabbia, orgoglio, incomprensioni, ma è sempre mio padre».

Graziano, il papà di Diego, ha ottant’anni e ha gravi problemi di salute che lo costringono su una sedia a rotelle. Rimasto vedovo, si è sposato con Roxana, ucraina, e da qualche anno risiede con la moglie a Žytomyr, a centoventi chilometri da Kiev. «È la città che si trova sulla traiettoria per raggiungere Leopoli da Kiev - spiega Diego - e fino a qualche giorno fa sembrava quasi tranquilla».

Ma negli ultimi cinque giorni la situazione è precipitata. È stato bombardato l’aeroporto di Hostomel’, è esplosa anche una scuola a pochissime centinaia di metri dalla casa di Graziano e Roxana.

Lo scenario. «Loro abitano in un bunker sotterraneo, che in quelle zone si usa costruire insieme alle case, mica come da noi, che della guerra abbiamo solo sentito parlare», spiega Diego tra un hot-dog e un panino con la cotoletta. «Ci vuoi ketchup o maionese? Da un paio di giorni sono chiusi lì dentro, riesco a parlarci solo per telefono, perché comunicare via internet è diventato un problema. Roxana mi ha raccontato che ogni tanto suona la sirena, è normale che ci sia paura. Mio padre ha anche un po’ di demenza senile, guarda le immagini alle televisione, ma non credo si sia reso conto che quella guerra è proprio lì, davanti a casa sua. Se proprio dobbiamo trovare una cosa positiva, forse, è questa». 

Diego vorrebbe riportarli qui, trovare un posto sicuro, ma non è così facile. «A piedi, tanto più con una carrozzella, è un’impresa impossibile. Imbarcarsi in un viaggio tra le bombe in auto è molto più rischioso che stare nascosti dove si trovano, non è che prendi e parti. E poi con loro sono dovuti rimanere anche il figlio e il genero di Roxana, mentre donne e bambini della famiglia sono scappati in Polonia». 

I timori. Farmaci e viveri pare si trovino ancora, ma viste anche le condizioni di salute del papà, Diego non può che essere preoccupato: «La mia paura più grande è che gli manchi l’insulina, dato che la fa tutti i giorni. Sono vicino alla popolazione ucraina e anche a tutti gli italiani che, come me, magari hanno parenti o conoscenti che stanno cercando di fuggire o che per vari motivi non possono o non vogliono farlo». 

Sempre a voler per forza trovare un flebile lato positivo, nella grande difficoltà del momento, i rapporti tra Diego e la nuova famiglia del padre si sono rasserenati, quasi acquietati. Perché ora il problema è troppo grande e i rapporti cambiano. Altro giro, altro panino. Diego dice di essere rimasto colpito da una frase di Roxana e, per riferirla, si gira di spalle, per prendere altro pane o forse per nascondere gli occhi lucidi, chissà. «La moglie di papà mi ha detto che lo accudirà sempre. Piuttosto moriamo sotto le bombe, ma moriamo insieme».

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