Rieti, una sfilata di moda tra sarte di culture diverse sul tema degli anni ‘50 con abiti con materiali di riciclo

La sfilata (foto Meloccaro)
di Sabrina Vecchi
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Domenica 14 Gennaio 2024, 00:10

RIETI - Nuova vita per gli abiti, ma anche per le persone. Ha commosso e allo stesso entusiasmato il pubblico, la sfilata di moda organizzata all’Auditorium Santa Scolastica di Rieti. Un’idea promossa dal Samaritano Odv e Caritas diocesana, in collaborazione con l’Accademia di Moda Sabina, nel progetto “Mi Oriento”, composto da tirocini formativi e orientamento al lavoro, tra cui il laboratorio di sartoria creativa.

Le prerogative. Dodici splendidi abiti hanno sfilato sul red carpet, allestito per l’occasione, realizzati sul tema degli anni ‘50 da altrettante beneficiarie del progetto, di nazionalità e culture diverse.

Nessuna si conosceva, pochissime avevano dimestichezza con ago e filo. Eppure, la coesione, la voglia di imparare e la forza di volontà hanno fatto il resto, superando anche le barriere linguistiche. Il corso, della durata di 50 ore, è stato suddiviso in due parti, sempre all’insegna del riuso e della sostenibilità, per orientare verso il mondo del lavoro e dell’integrazione sociale.

Lo studio. Dapprima è stato proposto il recupero di vecchi abiti: attraverso un corso di taglio e cucito si è data una nuova vita ai materiali. In seguito le sarte hanno lavorato sulla creazione di abiti nuovi, con stoffe anche usate, ma di rigorosa ispirazione anni ‘50, con l’ispirazione dello stile di Audrey Hepburn. A guidare le mani delle 12 cucitrici e ricamatrici, le modelliste professioniste Tiziana Di Giacomo ed Eleonora Pasquali e la loro Accademia di Moda Sabina, filiale dell’Istituto di Moda Burgo di Milano. «È la prima volta che lavoriamo con i rifugiati - dice Di Giacomo, direttrice dell’Accademia - abbiamo previsto uno studio di moda e stile sul tema. Ci ha aiutate una mediatrice per supportarci nella lingua, il resto è venuto da sé. È nato un gruppo affiatato seppur diversissimo: è bastato uno sguardo e le mani andavano da sole sui tessuti. Non è stato solo un laboratorio di cucito, ma anche un modo per conoscersi e unire le culture: in alcuni abiti abbiamo mischiato stoffe africane e tagli italiani, il risultato è stata un’unione perfettamente armonica anche nello stile».
Modelle d’eccezione, sei studentesse reatine universitarie dell’Istituto Elena Principessa di Napoli, del Liceo Carlo Jucci e dell’Istituto Celestino Rosatelli. Un’occasione di divertimento e unione anche per Beatrice, Lucrezia, Giorgia, Matilde, Silvia ed Elena, che hanno provveduto autonomamente a un impeccabile trucco e parrucco, sfilando sui tacchi con un portamento degno di indossatrici professioniste. Al termine, attestati di partecipazione e applausi per le 12 sarte. Competenze che potranno essere reinvestite nel mondo del lavoro e che serviranno per un bagaglio personale, utile per alimentare le relazioni e uscire dall’isolamento. «Non ci conoscevamo - spiega Angela, una delle sarte - eppure ci siamo sentite affiatate, abbiamo creato non solo abiti, ma splendide amicizie. Siamo donne italiane, ucraine, africane, dell’Europa del Nord, ciascuna di noi ha i suoi problemi, la sua cultura. Ma tutte avevamo voglia di imparare e di impegnarci per un obiettivo comune, mettendo insieme i nostri punti di forza».

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