Rieti, cisterna esplosa sulla Salaria nel 2018: «Solo un boato enorme e tanti piccoli incendi»

L'esplosione del 5 dicembre 2018
di M.Cav.
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Venerdì 22 Marzo 2024, 00:10

RIETI - «Un boato enorme, sono rimasto stordito, poi ho visto attorno a me solo uno scenario di guerra, con focolai di incendio un po’ dappertutto nell’area del distributore». È la frase che sintetizza la deposizione del vigile del fuoco Giovanni Pignata, in servizio al distaccamento di Montelibretti, che insieme a un collega, fu il primo a intervenire sulla via Salaria dove, in seguito all’esplosione di una cisterna di carburante il 5 dicembre 2018, morirono il pompiere reatino Stefano Colasanti e un automobilista, Andrea Maggi, che percorreva la parallela vecchia Salaria e, come altri, si era fermato per assistere a quanto stava accadendo dall’altra parte della strada.

La testimonianza. Il vigile è testimone nel processo che vede imputati di concorso in omicidio colposo e disastro colposo i gestori della stazione di servizio della Ip, Paolo Pettirossi e Anna Maria Niro, moglie e marito, presenti in aula sin dall’inizio del dibattimento, e Gianni Casentini, assente, autista dell’autobotte arrivata per rifornire l’impianto, accusati di non aver adottato una serie di norme previste dal protocollo di sicurezza per determinate operazioni.

Sulla base di queste contestate violazioni la procura ha ottenuto il loro rinvio a giudizio, ma nella perizia del consulente di ufficio, una causa certa dell’esplosione non è mai stata accertata. Allora le parti sono concentrate a ricostruire la scena prima dell’incidente e le domande del giudice Carlo Sabatini, del pm Lorenzo Francia e degli avvocati Francesco Tavani e Luca Conti, difensori della coppia, insistono sul posizionamento dei mezzi, sui punti dove si erano sviluppate le fiamme e sulle modalità degli interventi effettuati dalle squadre di soccorso.

I passaggi. Indicazioni precise arrivano anche sul ruolo attivo svolto da Stefano Colasanti, nonostante non fosse in servizio, «che si trovava davanti all’autobotte, dalla parte opposta alla nostra, mentre stavamo effettuando lanci di acqua per raffreddare la cisterna. Quando siamo arrivati sul posto c’era solo lui, ma non so dire in che tipo di manovra fosse impegnato, poi c’è stata l’esplosione e il mio collega è rimasto ferito, per cui mi sono preoccupato di trascinarlo più lontano mentre mi invitava a vedere come stavano gli altri», ha detto Pignata. Su un punto, rispondendo a una precisa domanda, il vigile è apparso sicuro: «Non ho assistito alle operazioni di travaso del carburante, né ho visto se il manicotto fosse regolarmente collegato tra cisterna e serbatoio, eravamo concentrati a gettare acqua». Ruolo attivo di Colasanti confermato da un ex autista della Croce Rossa, oggi agente di polizia locale di Fara Sabina: «Ci conoscevamo e così, mentre lui chiamava i colleghi fornendo indicazioni, io ho messo il furgone di traverso sulla Salaria per bloccare gli altri automobilisti. Poi c’è stata l’esplosione che mi ha scaraventato a terra». Silenziose, la vedova e la figlia del vigile del fuoco seguono ogni fase, sperano che il processo fornisca risposte certe sulle cause della morte del loro caro, ma l’attesa non sarà breve e si aggiunge agli oltre 5 anni trascorsi da quel giorno di dicembre. Tra maggio e ottobre sono state programmate 8 udienze e il presidente Sabatini ha chiesto alle parti di accordarsi sui testimoni citati in comune, un modo per razionalizzare i tempi e arrivare prima alla sentenza.

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