Rieti, l'ex Real Alessio Musti ora ct
dell'Italfutsal: «Ricordo con
grande piacere Rieti. Ora
voglio il mondiale con l'Italia».

Alessio Musti
di Mattia Esposito
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Martedì 20 Agosto 2019, 11:25
RIETI - Sono trascorsi quasi sei anni da quel novembre 2013, da allora il Real Rieti ed Alessio Musti ne hanno fatta tantissima di strada. Il Real aveva appena iniziato il suo percorso di consacrazione nel futsal italiano ed oggi è una delle realtà più longeve ed importanti, Musti è diventato commissario tecnico della nazionale. La sua avventura in amarantoceleste durò mezza stagione, portando il Real vincinissimo ad eliminare la Luparense nei playoff scudetto , dando inizio ad un percorso di crescita che vede oggi il Real tra le società più importanti e longeve del futsal italiano. Abbiamo intervistato l'ex tecnico amarantoceleste, ora alla guida dell'Italfutsal.

Era il 2013 quando per metà stagione ha guidato il Real Rieti. Che ricordi ha di quella esperienza?
«Una stagione che ho molto nel cuore. Ha caratterizzato il passaggio del Real da una squadra negli anni precedenti aveva disputato i playout, ad una che ha disputato per la prima volta Final Eight di Coppa Italia e playoff scudetto. Da li ha poi iniziato a vincere trofei, fu una specie di stagione di passaggio tra un Real di bassa classifica e quello capace di competere per trofei ed obiettivi importanti. Riuscimmo subito ad avere una bella identità, ricordo con grande piacere quella esperienza».

Ripercorrendo la sua carriera da allenatore di club, avrebbe mai pensato di essere un giorno commissario tecnico della nazionale?
«Onestamente no. Anche se poi ogni giocatore o allenatore che pratica sport a livello agonistico deve avere la presunzione di puntare in alto. Cosi come da giocatore pensavo di competere per vincere titoli, da allenatore di club punti ad arrivare al massimo e vincere. Non l’ho mai detto, però è chiaro che era un sogno che avevo».

Cosa si prova a essere commissario tecnico della nazionale? Come cambia l’approccio rispetto a una squadra di club?
«Cambia che senti una grande responsabilità, una pressione positiva. Personalmente me ne sono accorto alla prima amichevole, al primo inno, quando porti quel tricolore sul petto. Progressivamente ti rendi conto di quanta responsabilità hai per i ragazzi, per il movimento. E’ una cosa che approccio 24 ore al giorno.  Rispetto ad un club manca la quotidianità, ho visto l’ultima volta i ragazzi ad aprile ed ora li rivedrò a settembre. Come ho già detto è una cosa di grande responsabilità».

Parliamo un po' del prossimo campionato. Scatta la caccia al Pesaro e saranno 16 squadre al via, cosa mai avvenuta negli ultimi anni. Che campionato si aspetta?
«Sarà un campionato sicuramente più difficile da gestire, perché ci saranno più partite. Una stagione cosi lunga mette a confronto dinamiche che permettono a più giocatori di mettersi in evidenza»

Visto che è un ex, come giudica il lavoro del Real Rieti sul mercato?
«Negli ultimi anni ha sempre fatto squadre con grande attenzione. Anche lo scorso anno, non a caso ha vinto un titolo ed è arrivato a competere per tutti i trofei. In questo senso il Rieti è stato sempre attento sul mercato, costruendo squadre non molto giovani, ma pronte a vincere subito. Anche quest’anno il patron Pietropaoli deve aver fiutato la possibilità di competere immediatamente per il titolo, allestendo secondo me un’ottima squadra, con un grande allenatore che tutti conosciamo. Questo inserisce il Rieti tra le pretendenti allo Scudetto, ma anche agli altri trofei».

A ottobre l’Italia andrà a caccia della qualificazione ai mondiali al PalaSele di Eboli contro Inghilterra, Ungheria e Bielorussia. Cosa si aspetta?
«Mi aspetto di raccogliere i frutti del lavoro che stiamo portando avanti. Purtroppo i raduni sono pochi, ci rivedremo adesso a settembre, ma di domenica per poi giocare subito lunedì, il tempo per lavorare è poco. E’ una delle criticità dell’allenatore della nazionale. Ad Eboli vogliamo passare il turno, intensificando l’impiego dei giocatori di formazione italiana e riportare con entusiasmo. Il pareggio con i campioni del mondo dell’Argentina deve darci carica, ma contemporaneamente dobbiamo lavorare con umiltà ed intensità: proprio quello che mi aspetto di vedere».

Chiudiamo con una considerazione sui giovani italiani e l’approccio al futsal. Quanta strada c’è ancora da fare per convincere giovani e giovanissimi italiani a giocare a futsal?
«Dobbiamo metterci in testa che è un percorso che ha bisogno di anni. Siamo partiti tardi sotto questo punto di vista, continuo a sentire paragoni con Spagna, Portogallo, Brasile. Sono nazioni che sono partite vent’anni prima di noi, ed ora iniziano a raccogliere i frutti. Ora hanno una cultura verso il futsal diversa. Noi ci stiamo arrivando, lo vediamo anche quando andiamo a visitare squadre di calcio professionistiche. L’attenzione verso il nostro sport è molto cambiata, anche grazie alla visibilità mediatica raggiunta. Ci stiamo allontanando dal futsal visto come il cimitero di alcuni giocatori. Le scuole calcio si sono quadruplicate, stiamo indietro rispetto ad altre nazioni perché sono partite prima. Arriveremo al punto in cui i giovani inizieranno nel futsal. In questo senso anche un campionato a 16 squadre aiuta un giocatore italiano ad approcciarsi a questo sport».
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