Rieti, donna morta in ospedale: dopo 8 anni Asl condannata in sede civile e medici assolti in quella penale

Rieti, donna morta in ospedale: dopo 8 anni Asl condannata in sede civile e medici assolti in quella penale
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Domenica 10 Ottobre 2021, 14:57

Una schizofrenia giudiziaria, con un alternarsi di perizie dai risultanti contrastanti, per arrivare a dare una risposta agli interrogativi sollevati dalla morte di una paziente di 73 anni, avvenuta mentre era ricoverata nel reparto di Medicina dell'ospedale de Lellis, di Rietiper la cui vicenda i giudici si sono espressi con sentenze diverse.


Nel civile, l'Asl è stata condannata a risarcire i danni non patrimoniali agli eredi della signora deceduta in quanto la sua responsabilità è stata ritenuta di natura contrattuale, mentre in sede penale quattro medici, processati per concorso in omicidio colposo in quanto accusati di non aver accertato tempestivamente il mutamento del quadro clinico che determinò l'infarto fatale alla donna, sono stati assolti con la formula più ampia perché il fatto non sussiste.


La sentenza è del giudice monocratico Carlo Sabatini e anche alla luce di quanto in precedenza deciso in sede civile nei confronti dell'azienda sanitaria, la lettura delle motivazioni risulterà oltremodo interessante.
Al momento, ci sono i dottori Paolo Scapato, Ylenia Tari, Valeria Cornacchiola e Paola Cerroni (difesi dagli avvocati Giuseppe Perugino, Emanuele Chiarinelli e Mariella Cari) pienamente scagionati (il pubblico ministero Luana Bennetti aveva sollecitato la condanna solo per Scapato e Cornacchiola e l'assoluzione degli altri) al termine di una vicenda dove, alla fine, come accade nella maggio parte dei processi per responsabilità medica, a fare la differenza sono state le perizie dei consulenti: quelle della difesa hanno prevalso su quelle presentate dall'accusa e anche su quella del Gip, che aveva disposto il rinvio a giudizio all'esito.


Dieci i periti, tra i quali alcuni di grande esperienza come Ciallella, Altamura, Falcocchio, Gaudio, Bacci, Rebuzzi e Cipolloni, chiamati a occuparsi del caso, e ventuno le udienze che sono state necessarie per arrivare alla sentenza di primo grado.


Anche il percorso per giungere a celebrare il dibattimento è stato tortuoso ed è durato ben otto anni.
La procura (sostituto procuratore Gammarota) aveva chiesto inizialmente l'archiviazione dell'inchiesta perché il perito d'ufficio aveva escluso responsabilità professionali nella condotta degli imputati, ma i familiari si erano opposti e il gip aveva disposto nell'ambito dell'incidente probatorio una nuova consulenza medico legale, nominando altri due periti, i cui risultati avevano ribaltato le conclusioni del primo e sposato quelle colpevoliste di un quarto consulente nominato dall'ex procuratore Saieva.

Si è arrivati al processo, dove la battaglia tra gli esperti si è consumata tutt'intorno a un interrogativo principale: ci furono omissioni da parte dei quattro sanitari nell'approfondire i sintomi accusati dalla donna al momento del ricovero (dolori addominali provocati da una colicisti acuta, aggravata dalla presenza di un quadro infettivo e da febbre), al punto da non diagnosticare in tempo l'insorgere di un'ischemia cardiaca?


«Il processo ha chiarito che la signora fu sottoposta a due elettrocardiogrammi, risultati negativi, e i nostri consulenti hanno dimostrato che la condotta dei dottori fu adeguata e rispettosa delle buone pratiche mediche non essendoci avvisaglie di un possibile infarto, giunto in modo del tutto atipico», ha brevemente commentato la decisione del tribunale l'avvocato Giuseppe Perugino.

Ora, tutta l'attesa è per il deposito delle motivazioni da parte del tribunale.

(Renato Retini)
 

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