Coronavirus, bloccata a Madrid
Sara Cattani, lontana da Rieti
e dalla “sua” Npc: «Mi manca
la famiglia, ma la mia vita è qui»

Sara e Giuseppe Cattani
di Emanuele Laurenzi
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Domenica 19 Aprile 2020, 13:18 - Ultimo aggiornamento: 14:53
RIETI - La sua vita è in Spagna, a Madrid. Esattamente «da 5 anni e 2 mesi», spiega lei stessa ripensando a quando si trasferì nella capitale spagnola fresca di laurea. Dice di sentire la Spagna come casa sua, come paese dove vivere ma, alla fine di una lunga videochiamata dal balcone della sua casa madrilena emerge chiarissimo che il cuore, alla fine, è sempre a Rieti: per la famiglia, per gli amici, per quella passione per la pallacanestro che, gira che ti rigira, ti riporta sempre su quei gradoni del PalaSojourner. E se di cognome fai Cattani e se tuo padre si chiama Giuseppe, la palla a spicchi e la Npc sono per forza di cose nel tuo dna.

Il coronavirus ha bloccato Sara Cattani a Madrid dai primi di marzo: «Sento i miei tutti i giorni e, ad ogni videochiamata, papà mi dice quando torno e mi dice che è pronto a partire e a venirmi a prendere». Leggenda vuole che Peppe fosse pronto a partire in macchina sfidando varchi e chiusure. C’è anche chi racconta che fosse pronto a noleggiare un aereo. «Lo so che mi vorrebbe a casa, ma gli ho spiegato che la mia vita è qui» dice Sara per tranquillizzare i genitori, ma poi, alla fine della lunga chiacchierata, ammette: «Vediamo quanto dura questa chiusura, se si allunga un modo per tornare lo troverò. Penso ai miei genitori, ai miei nonni, ai miei fratelli e mi viene in mente la stessa cosa: in famiglia siamo tutti un po’ “orsi”. Magari non abbiamo dimostrazioni di affetto aperte, ma ci vogliamo bene e ce lo sappiamo dimostrare». Apertura e chiusura del racconto di una reatina bloccata lontano da casa.

Sara Cattani, quando è cominciato l’avventura spagnola?
Cinque anni e due mesi fa. Febbraio 2015. Mi ero appena laureata in lingue e letterature straniere, spagnolo e portoghese. Era un periodo di stallo, l’Italia non offriva granché, Rieti men che meno e decisi di spostarmi in Spagna seguendo il mio fidanzato che aveva vinto una borsa Erasmus. Doveva essere un’esperienza di pochi mesi e invece…

Invece 5 anni e 2 mesi dopo sei ancora lì. Come mai?
Ho cominciato a cercare lavoro e l’ho trovato in un’azienda spagnola che commercializza prodotti odontoiatrici. Sono diventata office manager e mi sono occupata anche dell’apertura della sede italiana. Sono stata per un periodo a Bologna, riuscendo a tornare spesso a Rieti, poi sono rientrata a Madrid.

Tutto lineare, almeno fino ai primi di marzo. Cosa è successo con l’esplosione dell’emergenza Covid 19?
Io ero in Italia ai primi di marzo, per festeggiare i 18 anni di mio fratello Andrea. Quando sono rientrata mi sono resa conto che in Spagna si viveva 15 giorni indietro rispetto all’Italia. Qui dicevano “E’ solo un’influenza”, oppure “Passerà presto, si sta esagerando”, ma io mi confrontavo con gli altri italiani che sono qui e pensavamo tutti la stessa cosa. Io avevo cominciato già a chiudermi in casa.

Dal 14 marzo il lockdown anche in Spagna. E a quel punto le cose cambiano. In che modo?
L’azienda inizialmente disse ai dipendenti di mettersi in ferie in attesa di capire ciò che accadeva. Finite le ferie l’ipotesi era quella di accedere all’Erte, la cassa integrazione spagnola. Purtroppo la nostra azienda non è rientrata tra quelle che ne potevano beneficiare e, di conseguenza, sono scattati i licenziamenti. L’impegno è quello di richiamarci appena passerà tutto, ma ora non si possono fare previsioni. Incrocio le dita e guardo avanti, sperando si torni presto alla normalità.

E in questi giorni come si vive a Madrid?
Chiusi in casa, anche se qui nel mio quartiere a volte sembra che le cose non siano cambiate. Nelle piccole vie interne tutto sembra come prima, andando sui grandi viali si vede che non c’è traffico. Io esco solo per piccolissime passeggiate con il cane. Faccio tantissimi corsi di aggiornamento on line per arricchire il mio curriculum, sedute di yoga e pilates in terrazzo. E poi lunghissime videochiamate con l’Italia.

Ti manca il basket?
Tantissimo. Mi manca il palazzo, mi manca vedere le partite, mi manca partecipare alla vita della squadra. L’ultima partita che ho visto è quella contro Casale prima di Natale. Quando sono a Rieti vado agli allenamenti, mi intrufolo alle riunioni, se posso do consigli. L’estate scorsa l’ho fatto spesso, visto che sono stata a lungo a Rieti.

Per la gioia di papà?
Certo, lui è contentissimo e mi ha detto di entrare in società. Anche se il vero “uomo mercato” di famiglia è Andrea. Magari ha parametri economici un po’ alti, ma è lui (ride, ndr). Intanto io faccio appassionare tutti alla Npc: qui a Madrid tutti i miei amici di tutte le nazionalità tifano Npc e sanno che io, la domenica alle 6, ho un impegno fisso.

Come vedi il futuro del basket a Rieti in questo momento?
Già prima del Coronavirus era dura, lo sarà ancora di più adesso, anche se ormai ho perso il filo delle decisioni che sono state adottate. Quella della Npc è una storia che è retta dalla passione. Si, lo devo ammettere: è la passione di mio padre che regge tutto e aggiungo che è una fortuna. L’aspetto aziendale è cosa diversa, ma siamo tutti felici di questa passione. Certo, ora siamo preoccupati per ciò che accadrà e per come sarà il futuro di tutto il movimento.

Mai avuto il rimpianto di non essere tornata prima a Rieti e di non essere a casa in questo momento?
No, anche se penso continuamente alla mia famiglia e ai miei nonni. Mi dispiace farli preoccupare, mi dispiace non vederli, ma dopo 12 anni lontano da casa, tornare in famiglia non è semplice: ho i miei spazi, i miei ritmi. A volte papà mi dice: “Ma allora ti stiamo antipatici?”. Non è certo quello il punto, ma ora la mia vita è qui.

Dove vedi il tuo futuro se le cose non dovessero tornare come prima?
Pensavo di cambiare un po’. Mi sarebbe piaciuto fare un periodo a New York. Ovvio che in questo momento non è facile e a casa già tutti erano in allarme. Un posto potrebbe essere Barcellona, quindi sempre in Spagna. Per ora vedo solo l’Italia e la Spagna come paesi possibili anche se devo dire che sono un po’ più orientata per un futuro spagnolo: purtroppo stando lontana mi rendo conto che in Italia ci si sta abituando a cose che si considerano normali, ma che normali non sono e non possono essere.

Giochiamo a carte scoperte: Peppe ci ha detto di convincerti a tornare. Cosa gli rispondiamo?
Per ora resto qui. Io sono una persona che deve organizzare tutto e, non potendo organizzare i prossimi giorni, mi sono orientata all’estate. Potrebbero esserci problemi a tornare con l’aereo ma io a Rieti ci voglio tornare e, se le cose resteranno così, mi organizzerò per tornare anche con la mia macchina. Voglio vedere i miei nonni, anche se so che non li potrò abbracciare. Voglio vedere i miei genitori e la mia famiglia. Noi siamo così, un po’ tutti. Siamo un po’ “orsi” nelle dimostrazioni d’affetto, ma ci vogliamo bene in maniera profonda. Per questo quando dico che prima o poi tornerò a casa so che in realtà sarà molto più prima che poi.
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