Coronavirus, il fumettista
Simone Pace a Bologna:
«Lavoro sempre in quarantena.
Rieti? E' la mia musa»

Simone Pace
di Lorenzo Quirini
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Giovedì 14 Maggio 2020, 11:16 - Ultimo aggiornamento: 16:55

RIETI - I fumetti del reatino Simone Pace hanno per musa anche Rieti, la cui mancanza per il 27enne si fa tanto più evidente in questi giorni di lockdown. Un isolamento che ha fatto da carburante per la vena artistica del giovane, che dopo aver firmato vignette per la rivista “Linus” e per “Il Manifesto”, promette novità per il post-quarantena.

Pace, anche per lei l’emergenza covid è stata una doccia fredda…
«È successo tutto improvvisamente, all’inizio l’abbiamo presa tutti un po’ sottogamba: pochi giorni prima dell’inizio del lockdown ero a cena con i miei amici a ridere e scherzare, avevo persino in programma di prendere il treno per tornare a Rieti. Quando ci siamo resi conto che la faccenda era più grave, con l’inizio della quarantena io e i miei coinquilini ci siamo chiusi in casa: in realtà per me non è stato un cambiamento così netto (sorride) spesso sono “segregato” per lavorare ai miei fumetti ed anche adesso continuo a disegnare alcuni progetti che ho in cantiere».

Vuole darci qualche anticipazione?
«Sto lavorando all’adattamento a fumetti di “Tom Sawyer” per Il Battello a Vapore, poi mi sto dedicando ad altre illustrazioni tra cui quelle che carico sulla mia pagina Instagram per la rubrica “Love Needs Space”, dove racconto delle piccole e divertenti storie d’amore. Spero di poterne fare anche un lavoro cartaceo in futuro…».

Guardando invece al passato, quali sono stati i momenti più significativi della sua esperienza nel mondo dei fumetti?
«Da 3 anni realizzare fumetti è la mia vita. Mi ricordo con piacere la presentazione di un mio libro sul terremoto a Rieti: era la prima volta che tornavo nella mia città in veste di fumettista e mi ha reso felice notare l’affluenza alla presentazione nonostante, non mi aspettavo tutto questo interesse. Altri bei momenti sono stati il Lucca Comics e la Fiera di Treviso, dove ho fatto anche il firmacopie (sorride)».

Come proseguono le collaborazioni con le riviste?
«Linus” mi chiama spesso, a seconda del tema su cui è necessario illustrare: ad esempio ultimamente mi sono occupato di fantascienza per quella rivista; anche con Il Manifesto è andata bene, ho realizzato 3 storie per quel giornale. Una componente importante del mio lavoro è l’autoproduzione, ad esempio ho autoprodotto un calendario illustrato e faccio anche lavori su commissioni: mi piace farne non solo perché rendono bene, ma anche perché sono un modo per fidelizzare il pubblico».

Durante la quarantena alcuni fumettisti si sono messi al servizio dei fan realizzando prodotti molto interessanti. Lei che idea ha su queste iniziative?
«Il fumetto nasce dal rapporto dell’autore col foglio o con lo schermo: ogni volta che lavoriamo è come se fossimo in quarantena (sorride), in questo senso siamo “avvantaggiati”. Ci sono molti esempi, il “Rebibbia Quarantine” di Zero Calcare è forse il più famoso, anche se sono molti i fumettisti che hanno messo a disposizione interviste e lavori in pdf, vista anche l’inevitabile incremento dell’audience dovuto alla quarantena».

Ha raggiunto un certo successo, ma Rieti rimane nel suo cuore…
«Ho fatto pace coi problemi che avevo con la città e ne apprezzo sempre di più la forza e la bellezza. La mia idea è di tornare a vivere lì, dando al tempo stesso un contributo creativo, anche perché Rieti è la mia musa: attingo sempre dai suoi territori per le mie storie, è un luogo che nessuno ha mai raccontato e proprio per questo farlo è ancora più bello».

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