Piana Reatina allagata, nel dicembre 2010 finirono sott'acqua oltre ottomila metri quadrati di terreno ma nessuno pagò per quei danni

Piana Reatina allagata, nel dicembre 2010 finirono sott'acqua oltre ottomila metri quadrati di terreno ma nessuno pagò per quei danni
di Massimo Cavoli
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Mercoledì 27 Gennaio 2021, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 15:31

RIETI - C’è un precedente nella storia delle alluvioni nel Reatino ed è quello verificatosi nel dicembre 2010, quando il Velino e il Turano, gonfiati dalla pioggia e dal rilascio di acqua dalla diga di Posticciola, tracimarono dagli argini, allagando otto mila metri quadrati di terreno nella Piana Reatina, finita praticamente sommersa, provocando danni a colture, privati, aziende agricole e ad altre attività, come quella del Centro Appenninico Carlo Jucci, poi risarcito. 

Il disastro, oggetto di un’inchiesta della procura aperta per accertare eventuali responsabilità, culminò in un processo contro l’amministratore della società E.On.

che, fino al 2015, gestiva il nucleo idroelettrico di Terni, comprendente anche le dighe del Turano e del Salto, poi ceduto al gruppo Erg Power Generation. 

L’ingegner Cristiano Biacchi era stato accusato di disastro colposo per aver ritardato l’apertura delle paratie nonostante il livello dell’acqua avesse già superato il limite di guardia. Due giudizi, celebrati a Rieti e in Corte di Appello, stabilirono però che il fatto non costituiva reato e così l’imputato venne assolto. Si trattò, comunque, di una vicenda che presenta molte analogie con quella di questi giorni, e fu originata da una forte perturbazione metereologica che portò il livello della diga del Turano a toccare 540 metri, superiore ai 536 metri sul livello del mare previsto dal disciplinare d’uso del Genio civile. 

L'accusa. I magistrati che sostennero l’accusa nei diversi processi puntarono il dito sulla sottovalutazione delle criticità registrate già nei giorni precedenti, quando l’innalzamento dell’acqua avrebbe imposto un intervento immediato di alleggerimento del lago, ma ciò avvenne solo quando fu superato di 65 centimetri il limite massimo, e quando anche l’idrometro sul Velino, in prossimità del ponte di Terria, arrivò a toccare l’altezza di 5,80 metri, anche in questo caso superiore al limite fissato dal disciplinare d’uso. 

Solo allora, dopo due giorni di allarme, fu dato il via alle procedure di rilascio, ma troppo tardi per impedire la tracimazione dell’acqua dal bacino e la successiva esondazione del Velino e poi del Turano. In sostanza, prevalse il convincimento che a causare il disastro fosse stata soprattutto l’eccezionalità dell’evento che per giorni aveva flagellato il Reatino, e non ben dimostrate responsabilità omissive.

L’allagamento del 2010 resta uno degli eventi più disastrosi mai avvenuti nella Piana (davanti al tribunale delle Acque sono in corso ancora cause di risarcimento promosse da alcune parti danneggiate), ma, secondo gli esperti di idraulica, nel corso degli anni è stato fatto poco per prevenire certi fenomeni, come, ad esempio, gli interventi per ripulire gli alvei dei corsi di acqua, che oggi allarmano. 

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