Da Luigi Di Maio le parole di Matteo Salvini sono lette come un'improvvisa infiammazione, come «un segnale di agitazione», ennesima prova di «quelle evoluzioni convulse e terremotanti che stanno avvenendo dentro i partiti». Ma il capo politico del M5S si gode la scena col pallottoliere al seguito: «Con il 17 o con il 37, Salvini non arriva comunque al 51».
Quando Salvini dice di potersi fare carico da solo della situazione è perchè sa che una maggioranza c'è ed è possibile: la maggioranza gialloverde che se si tornasse alle urne apparirebbe molto più chiara e di come è oggi, frenata dall'azzurra Forza Italia. E il segretario leghista non fa che ricordarlo: «senza accordo con il M5S si vota», dice da Terni e «stavolta si vince da soli». No, quelle parole non sono il segnale che Salvini ha deciso di sganciarsi da Berlusconi, ma un ultimatum velenoso sì, secondo i vertici del M5S.
Ben lieto che il loro risultato, il 32%, stia condizionando il dibattito politico, Luigi Di Maio parlerà stasera a Porta a Porta, la trasmissione di Bruno Vespa, per ribadire il suo metodo: «Per noi la proposta del contratto rimane centrale».
Un contratto che deve essere ancora scritto. E quindi ecco spiegato quel «Serve tempo», la frase che dai vertici fanno trapelare con insistenza e che significa due cose: la necessità di non avere l'incarico ora per un'alleanza ancora da perfezionare.
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