Di Maio in crisi accusa Salvini: «Fase 2 del governo o si va a casa»

Di Maio in crisi accusa Salvini: «Fase due del governo o si va a casa»
di Marco Conti
5 Minuti di Lettura
Martedì 26 Marzo 2019, 07:23 - Ultimo aggiornamento: 22:10

«Mi spiegate cosa ha fatto Salvini sinora? Ha rimandato indietro un barcone e Quota 100, misura criticatissima in Europa e che ci costa una valanga di soldi. Mentre i clandestini che doveva respingere sono tutti qui». Lo sfogo del vicepremier Luigi Di Maio con i suoi collaboratori, arriva dopo una giornata di dichiarazioni all'apparenza concilianti nei confronti di un alleato in «continua campagna elettorale» e che «sporca» sempre il lavoro del governo con qualche «parolina di troppo».

Di Maio, basta fair play: il grillino anticipa Salvini e twitta sulla sicurezza

Per il leader grillino, e per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, la misura deve essere colma se le lamentele sono ora accompagnate da una ufficiale richiesta di «chiarimento». Una sorta di fase due del governo dove l'alleanza giallo-verde diventa organica, le misure si condividono, non c'è il fuoco amico e «magari Salvini comincia a studiare qualche dossier invece di sparargli addosso a cose fatte».

Centrodestra a valanga in Basilicata, tregua armata Lega-M5S

IL TURISTA
Pur di tentare di metter fine al «giochetto leghista» che rischia di spingere il M5S sotto il 20% - come chiamano i grillini il continuo smarcamento padano - Di Maio è pronto ad alzare la voce e a criticare il vicepremier e i ministri della Lega sul terreno delle rispettive competenze. Dalla sicurezza «che non c'è nelle città», all'agricoltura «abbandonata da un ministro che si occupa solo di turismo». Sino alle nomine - vedi quella di Paragone alla commissione banche - che la Lega «tratta di nascosto con Banca d'Italia e Quirinale».

«D'altra parte - sostengono i pentastellati - è lo stesso trattamento che abbiamo ricevuto sul memorandum cinese e lo sblocca cantieri». Insofferenze grilline speculari però a quelle che covano nel Carroccio.
 



La pattuglia ministeriale lumbard comincia a dare segni di cedimento. Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, è tornato un po' depresso dal viaggio negli Stati Uniti dove ha raccolto non solo gli altolà americani per la firma della Via della Seta, ma anche le ironie per le numerose perle inanellate in nove mesi di governo da più di un ministro pentastellato. Ancora più forte l'insofferenza tra gli amministratori leghisti del Nord che faticano a spiegare e giustificare «la strana alleanza». Consapevole della tensione che c'è nel partito, Salvini ieri ha messo le mani avanti con una sorta di altolà: «Sull'alleanza con M5S tutta la Lega è con d'accordo me. Voglio vedere chi si lamenta!».
Forte delle percentuali e dei risultati ottenuti nelle amministrative, Salvini respinge coloro che gli chiedono, con sempre maggiora insistenza, «fino a quando...». Ostentare sicurezza, e dirsi certo che il governo «durerà altri quattro anni», non sottrae il ministro dell'Interno dalle critiche che tagliano il partito ma gli permette di passare il cerino della crisi a Di Maio. Rovesciare il tavolo, e far saltare il governo Conte, non è facile. Soprattutto rischia di non essere del tutto popolare visto il gradimento del presidente del Consiglio e la sfortuna che ha sempre prodotto nelle urne una tale responsabilità.

La sensazione è che nella maggioranza il gioco del cerino sia solo all'inizio. Con il M5S e la Lega pronti ad alzare i toni scaricando ognuno sull'altro la responsabilità sia delle paralisi dell'esecutivo, sia di una eventuale crisi. Il leader della Lega è convinto di poter alzare la posta - in vista del prossimo decreto crescita e della legge quadro sulle autonomie regionali - perché conta sulla scarsa voglia di elezioni anticipate dell'alleato. Dall'altra parte i grillini sono però convinti che Salvini- pur di non tornare tra le braccia del Cavaliere - si guarderà bene dal far saltare il banco e accetterà di continuare l'esperienza di governo senza approfittarsi troppo dei sondaggi che danno il Movimento in caduta libera.
Lo scontro nella maggioranza è quindi destinato ad aumentare di tono, mentre sullo sfondo inizia a scorgersi quella manovra di bilancio di fine anno che rappresenta uno spettro per la Lega, partito del Nord e delle partite iva. Di rientrare nel centrodestra - come anche ieri chiedeva l'azzurra Mara Carfagna - il ministro dell'Interno non ne ha però voglia anche se con l'attuale legge elettorale i collegi si vincono se si ha una coalizione e la Lega ha a portata di mano solo quella con FI e FdI.
Scatenare ora una controffensiva può servire al M5S per non perdere voti a sinistra, anche se il Pd di Zingaretti - tornato un po' ditta e un po' tafazzi (vedi la riesumazione dello ius soli) - non sembra ancora in grado di proporsi come alternativa di governo. Ma se Di Maio gioca d'anticipo, rispetto alle richieste che l'alleato potrebbe fare dopo il 26 maggio, Salvini non sta a guardare e pretende che prima delle Europee si sia concretizzato almeno un passaggio parlamentare sull'autonomia regionale, divenuto l'unico argomento che tiene buoni i governatori del Nord.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA