dal nostro inviato
HAMMAMET Saranno in mille - “Come i garibaldini”, dice la figlia Stefania - i socialisti italiani ma anche i cittadini tunisini che stanno arrivando al cimitero cattolico di Hammamet, per la cerimonia finale del ventennale della morte di Bettino Craxi. Ci sono tutti, da Bobo a Cicchitto, da Martelli a Signorile, Formica, Di Donato, Intini, Tognoli e tanti antichi militanti e anche giovani leve del post craxismo.
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Molti di loro, prima e durante la cerimonia, nelle conversazioni e nei capannelli citano Pannella: “Marco gli aveva detto di non rifugiarsi ad Hammamet. Gli consigliò: Bettino, vai un po’ a Rebibbia, lì dentro smetti di fumare, dimagrisci di qualche chilo, ricevi una montagna di lettere di solidarietà, di affetto e di ammirazione, stai lì qualche mesetto e poi esci da trionfatore”.
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Lui invece preferì l’autoesilio e la solitudine in questo lembo di Tunisia, ma se a quei tempi - negli anni ‘90 - ci fossero stati i social magari avrebbe avuto più armi per combattere, per farsi sentire e per farsi aiutare. Senza doversi affidare, triste, solitario y final, unicamente a quel fax che sta ancora poggiato nello studiolo della casa di Hammamet, da cui partivano grida inascoltate contro i “serpenti”, gli “sciacalli” e i “traditori”. Ora, vent’anni dopo, Craxi è ancora qui. E il custode del piccolo cimitero, mentre sta cominciando la celebrazione, racconta: “Il Presidente mi aiutò quando ero malato, mi fece operare e mi diede sostegno economico. In vita, lui pensava a me. Da morto, sono io che penso a lui e a farlo riposare in pace”.
Craxi, in mille ad Hammamet per i 20 anni dalla morte. Il custode del cimitero: «Mi aiutò quando ero malato»

di Mario Ajello
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Domenica 19 Gennaio 2020, 09:36
- Ultimo aggiornamento: 11:06
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