Saverio Raimondo: «La stand-up comedy serve a sfasciare tutto»

Parla il comico, che mercoledì sarà al Monk di Roma: «I tabù esistono e noi siamo qui per infrangerli»

Saverio Raimondo: «La stand-up comedy serve a sfasciare tutto»
di Valeria Arnaldi
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Domenica 12 Marzo 2023, 07:31 - Ultimo aggiornamento: 13 Marzo, 09:44

Momenti di vita quotidiana, ma anche temi scomodi. Saverio Raimondo, romano classe 1984, mercoledì 15 porterà la sua comicità nella Capitale, al Monk, nel Saverio Raimondo Live Club Tour, che poi lo vedrà in più città fino al 26 marzo. Un ritorno a quello che definisce l'«habitat naturale» della stand-up comedy. Dunque il suo regno, visto che è stato uno dei pionieri italiani del genere.

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Come sarà lo spettacolo?
«Nel mio stile, un mix di argomenti frivoli e controversi.

Per un pubblico adulto, consenziente. E con senso dell'umorismo».


Lo specifica perché lo stiamo perdendo?
«Sì, e in parte lo abbiamo già perso. In Italia siamo permalosi, ci prendiamo sul serio, ma siamo ridicoli. Sono un fisioterapista del senso dell'umorismo: non tutti lo abbiamo ma potremmo».


Il "politically correct" complica le cose?
«È normale che ci siano tabù, ma anche che i comici li infrangano. Ogni censura è ridicola e spero che una risata la seppellirà».


Fine raggiunto anche a "Radio2 Social Club", con Luca Barbarossa e Andrea Perroni, e "Prendila Così", con Diletta Parlangeli.
«Amo la radio da sempre, il rapporto con gli ascoltatori è simile a quello con il pubblico dal vivo. Il programma con Diletta è molto interattivo. Vorremmo fare di più, magari pure in forma televisiva».


In radio ha anche cantato. Tentato dalla musica?
«La mia voce non consente gorgheggi, cantare mi diverte perché sono inadeguato, continuerò con qualche incursione».


Con chi vorrebbe duettare?
«Canto così male che vorrei farlo con la migliore: Mina».


Intanto, i live nei club.
«Per me, la stand-up comedy deve restare nei club. Il teatro soffoca il brivido dell'informalità e la promiscuità tra palco e platea».


Servirebbe un teatro com'era l'Ambra Jovinelli, con possibile lancio di verdure?
«Certo. Un tempo i teatri erano più vissuti. Oggi sono luoghi di cultura istituzionali, la stand-up comedy potrebbe entrare solo per sfasciare tutto, come Blanco a Sanremo».


Parla ancora di musica, pensa al festival?
«Sono stato conduttore del Dopofestival, guastafeste e corrispondente. Se tornerò, sarà in gara. Magari con un brano stonato».


Si definisce un vigliacco dall'azzardo consapevole: come mai?
«Se faccio battute forti è perché sono un po' incosciente e per la mia irriverenza. Il coraggio è altra cosa e non è più dell'Occidente. Abbiamo la fortuna di vivere in una parte di mondo dove possiamo essere vigliacchi. Godiamocela finché dura».


Post-pandemia, la gente ha più voglia di ridere?
«Più che altro, ha sonno. Ne parlerò in scena, come di guerra, tasse e molto ancora. Anche di crollo della libido. Non ci piacciamo, ci vorremmo ritoccati. Prima non eravamo all'altezza delle foto dei divi, oggi non lo siamo neppure delle nostre».


Chi la fa ridere?
«Francesco De Carlo, Edoardo Ferrario, Michela Giraud, Luca Ravenna e altri».


Alcuni hanno partecipato a "Lol Chi ride è fuori", lo farebbe?
«Economicamente, credo che non si possa rifiutare, ma penso che non sarei adatto. C'è una comicità più bambinesca. Spero non mi tentino».


Il suo "Saverio Raimondo Live a Studio 33" è il primo comedy album italiano.
«E sarà il migliore, è l'unico. Sono contento: restituisce davvero l'esperienza live».


Teatro, radio, cinema, libri: è "multipiattaforma"?
«Sì, per la voglia di sperimentare e per esigenza delle Partita Iva: siamo criceti sulla ruota. Al cinema ho fatto il cattivo e voglio specializzarmi, non accetterò ruoli da buono».
 

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