Fabrizio Moro: «Più diritti ai padri separati, con la mia ex abbiamo fatto la guerra. Il futuro? Vivrò in barca»

Parla il cantautore e regista romano «Aiutiamo i papà che non ce la fanno»

Fabrizio Moro: «Più diritti ai padri separati, con la mia ex abbiamo fatto la guerra. Il futuro? Vivrò in barca»
di Andrea Scarpa
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Sabato 24 Febbraio 2024, 23:58 - Ultimo aggiornamento: 26 Febbraio, 07:07

Martedì e venerdì è il titolo del secondo film da regista di Fabrizio Moro, 48 anni (scritto e diretto con Alessio De Leonardis, 42), nelle sale da tre giorni. Storia dura e cruda, ambientata nella periferia romana, di un meccanico che si separa dalla moglie, è costretto a chiudere l’officina per alcune tasse non pagate, e finisce a far rapine per pagare gli alimenti di sua figlia. Che può vedere solo il martedì e il venerdì. Il protagonista è Edoardo Pesce, al suo fianco Rosa Diletta Rossi, Adamo Dionisi, Pier Giorgio Bellocchio e altri (alle 18 di oggi saranno tutti al cinema Lux di Aprilia). 

È un padre separato anche lei, giusto?

«Sì, da qualche anno. Io e Alessio, che ha scritto e diretto il film con me, non ci siamo messi a fare rapine ma ci siamo passati anche noi. Volevamo raccontare quello che succede a tanti papà che, segnati dalle condizioni delle separazioni, in tanti casi finiscono per chiedere aiuto alla Caritas. Non è una guerra tra donne e uomini, sia chiaro, ma se è sacrosanto fare di tutto per difendere le prime da qualsiasi violenza, bisogna fare altrettanto con i diritti dei secondi. Lo dico perché sembra un tabù: nessuno vuole affrontare il tema dei papà separati. Da quando è uscito il film sono stato travolto dai messaggi delle associazioni che li riuniscono».

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La sua esperienza come è stata? Lei e la sua ex compagna vi siete fatti la guerra?

«All’inizio, sì. C’era malessere e quello mette in atto meccanismi di rabbia che finiscono per scatenare di tutto.

Dopo un po’, per fortuna, abbiamo capito quello che stavamo facendo, e i danni che avremmo procurato ai nostri figli, e ci siamo fermati. Oggi posso dire che la madre dei miei due figli è una donna meravigliosa. Abbiamo trovato un equilibrio. L’ho invitata anche alla prima del film». 

E cosa le ha detto?

«Mi ha abbracciato. C’è stato quasi un momento di conforto reciproco. Pensi che tante mamme mi hanno avvicinato per dirmi che dopo aver visto il film hanno capito dove hanno sbagliato».

Anche la sua ex?

«Diciamo che le donne hanno un’emotività molto più profonda di noi, però poi quando devono far valere i loro diritti tengono il punto».

Va bene, lasciamo stare. Quanti anni avevano i suoi due figli quando vi siete lasciati?

«Anita 3 anni e Libero 7, ora ne hanno 11 e 15».

Come compagno dove cade?

«Quando sono innamorato sono fedele e il rapporto di coppia per me è tutto. Quando mi stacco emotivamente perché ci sono cose che non si incastrano più, divento un macello».

Quindi ha avuto altre storie?

«Sì. Poi ci siamo lasciati e per un po’ tutto si è complicato».

 

Come l’ha raccontato ai figli?

«Dicendogli la verità con la massima trasparenza. Io ho parlato a mio figlio come si fa con un amico, a volte quasi confidandomi. Penso di aver fatto bene, i nostri ragazzi stanno bene. Certo, una famiglia divisa comporta sofferenze, però è importante spiegare che quando l’amore finisce è meglio per tutti lasciarsi».

Il personaggio di Edoardo Pesce finisce per fare rapine: in vita sua la cosa più illegale che ha fatto qual è stata?

«Cazzatelle che si fanno da ragazzino per definire se stessi e mettersi due soldi in tasca. Ma parliamo d’altro, dai. È roba di tantissimi anni fa».

Per farsi un’idea, di cosa parliamo?

«Qualche giorno da piccolissimo spacciatore, ma non avevo la stoffa e ho mollato subito».

Oggi cosa teme?

«Ho paura di staccarmi dalle persone che amo. Lavorativamente parlando, non mi fa paura niente».

Dove vuole arrivare?

«Voglio assecondarmi e fare sempre meglio. Il cinema per me è nato per gioco durante il lockdown: conoscevo Alessio, che negli ultimi vent’anni ha lavorato con i fratelli Taviani e tanti altri, perché ha fatto tanti miei videoclip. Ci siamo parlati, abbiamo scritto ed eccoci qui».

Cosa l’ha sorpresa di questa avventura da regista?

«L’accoglienza. Si dice che quello del cinema sia un ambiente un po’ snob e invece posso dire il contrario. Anche la critica mi ha trattato bene. Certo, all’inizio sul set c’era un po di diffidenza. “Questo chi è? Che vuole? Ci mancava il cantante...”. Non l’ho mai sentito dire, ma qualcuno si vedeva che lo pensava».

Come si fa in due un lavoro così individualista?

«Durante il primo film c’era un clima di anarchia totale. Un casino. Poi abbiamo trovato un metodo nostro tutto è andato liscio: ci dividiamo i compiti. Prima decidiamo tutto insieme. Poi lui pensa alla parte tecnica, io agli attori».

Uno come lei, che si è fatto da solo partendo da zero, non prova un po’ di imbarazzo a lavorare con una produttrice 31enne figlia di Denis Verdini e compagna di Matteo Salvini?

«Io lavoro con con chi mi dà la possibilità di realizzare le mie idee e con le persone che mi piacciono, non sto guardare chi è il padre, il compagno o il fratello. Prima ero uno che giudicava sempre, d’istinto, poi ho capito che valutare una persona senza indossare le scarpe che porta è sbagliato... E poi ho visto gente sul palco del 1º Maggio, che per me è molto importante, con i Rolex d’oro al polso, senza alcun riguardo per i più deboli».

Umanamente il set cosa le ha insegnato?

«L’autocontrollo, cosa che prima non avevo perché da cantante sono sempre io al centro dell’attenzione. Quando giri, invece, gli attori sono tutto e il regista ha la responsabilità di ogni cosa. Non posso mandarli a quel paese... (ride)».

Lei ha un carattere forte, idem Edoardo Pesce: avete discusso?

«Un po’, all’inizio. Poi abbiamo preso le misure. Ha bisogno di essere lasciato libero e alla fine è stato bravissimo. Il film l’abbiamo scritto pensando a lui».

Per Ligabue ha girato il video di “Sogni di rock’n’roll”: gli ha chiesto qualcosa, visto che anche lui ha girato due film come “Radio Freccia” e “Da zero a dieci”?

«No. Ma volevo farlo. Lo stimo tanto come artista e come uomo. Mi è sembrato uno che parla poco e mi sono un po’ intimidito, non ce l’ho fatta. Ero in imbarazzo. Ma una birra con lui la prenderei volentieri». 

Si sente collega di questi trapper che vanno così forte?

«Non è il mio mondo, diciamo la verità. Negli ultimi anni, fra pandemia e Amadeus al Festival, c’è stato un cambiamento epocale che per certi versi, penso a qualità e originalità, mi sembra disastroso». 

I suoi figli nelle playlist hanno sue canzoni? 

«Libero no. Lui è innamorato del calcio, gioca nella Accademia calcio della Roma, e pensa solo a quello. Anita sì». 

È vero che ha cambiato sei case in dieci anni?

«Sì, soprattutto per stare vicino ai figli. Comunque tra un po Libero prenderà la patente e io venderò casa: voglio andare a vivere al Circeo nella mia casa mobile, la mia barca di 12 metri che ho comprato l’anno scorso. Il mare è la cosa che amo di più, forse più della musica e del cinema. Mi dà serenità, sempre».

E la sua rabbia quasi proverbiale, che fine ha fatto?

«Più che altro era frustrazione. Quella che ti viene quando desideri qualcosa e non riesci ad averla. Ora va bene. Ho avuto il giusto. Sono fortunato. Libero di fare quello che voglio».

Con l’amore come è messo? 

«Male. Ogni volta che mi dedico a una relazione, mi perdo i pezzi per strada».

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