Coronavirus, intervista al vescovo di Latina: «Restare a casa diventi un'occasione»

Coronavirus, intervista al vescovo di Latina: «Restare a casa diventi un'occasione»
di Vittorio Buongiorno
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Venerdì 10 Aprile 2020, 09:46

«Un periodo così nella storia cristiana non è mai esistito, ma anche nel culto non si poteva continuare come prima». Lo racconta il vescovo di Latina, monsignor Mariano Crociata. In questo mese di emergenza Coronavirus molte cose sono cambiate, a cominciare dallo stop delle messe in tutte le parrocchie della diocesi. «Non si lavora meno di prima, la missione va portata avanti anche se in forme diverse. I preti sono al loro posto e si stanno dando da fare. E' stato faticoso accettare le limitazioni delle celebrazioni e della pastorale ordinaria e trovare il modo di mantenere un minimo di relazione con la comunità».

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Come ci state riuscendo?
«La situazione ha imposto anche ai preti più avanti con l'età di misurarsi con i social, ciascuno ha messo in campo inventiva e creatività, certo i più giovani sono stati avvantaggiati. Qualcuno sta anche facendo riflessioni quotidiane sul Vangelo e allo stesso modo si sono attivati i catechisti».
Con quali risultati secondo lei.
«Abbiamo notato che quelli che hanno seguito o mandato messaggi sono in numero maggiore di quelli che erano i praticanti abituali, con i picchi del rosario del 25 marzo o della preghiera del Papa del 27 che hanno avuto numeri strepitosi».
Anche dal punto di vista sociale l'emergenza non vi ha fermato.
«La Curia è chiusa, ma la Caritas lavora più che mai, in collaborazione con il Comune sta collaborando per trovare canali per far distribuire i pacchi viveri. Non si è fermata neppure la mensa. Davvero la Caritas sta mettendo in campo risorse straordinarie per raccogliere il segnale di chi si è trovato in difficoltà continuando a seguire chi lo era già prima dell'emergenza».
Vede il rischio che il disagio di tanti esploda in forme di violenza?
«Abbiamo il compito di creare buoni canali di comunicazione per permettere alle persone di esprimere ciò che vivono. La rabbia cresce ed esplode quando l'elaborazione di un periodo complesso non riesce a compiersi in modo ordinato. Le cose crescono dentro, si ingigantiscono emozioni e paure, e la sensazione di impotenza se non trova espressione è facile che esploda. E' vero che i social sono uno spazio effettivo di sfogo, ma credo vadano trovati altri canali».

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Un diario collettivo per elaborare questo periodo.
«Bella formula. Dobbiamo dare spazio a tutte le voci, ricordandoci che non tutti usano i social, che non tutte le famiglie ne hanno l'opportunità, che manca la valvola di sfogo dell'impegno scolastico e che in chi non lavora cresce la disperazione. Quando non hai nulla a cui pensare sentire ripetere i numeri dei contagi diventa ossessivo
Come ci cambierà quello che stiamo vivendo?
«Non lo so, difficile prevederlo in generale. La ripresa sarà lenta dal punto di vista sanitario e anche economico con effetti sociali che non saprei valutare, ma che dobbiamo mettere in conto. Ma il fatto di essere stati a casa tanto tempo ha fatto emergere una dimensione casalinga, privata, personale. Ci ha fatto capire che bisogna prendersi cura di sé in senso lato, in modo spirituale, psicologico, intellettuale, culturale. Per troppo tempo abbiamo vissuto gettati fuori da noi stessi, pensando solo alle cose da fare, senza fermarsi, darsi ordine ed equilibrio. Ecco io credo che questo potrebbe crescere».
Sta dicendo che le nostre vite non torneranno quelle di prima.
«E' una speranza, vorrei tanto ci fossero condizioni diverse nell'uso del tempo e delle cose, dei consumi, vorrei che crescesse la qualità delle relazioni e la valorizzazione delle persone, che vi fosse meno cura dell'aspetto esteriore e consumistico. Mi piace pensare che sarà un'occasione per tutti, per capire che la vita è così fragile, ci credevamo padroni di tutto ed è bastato un niente. Dobbiamo valorizzare questa cosa, riflettere, la nostra vita è un mistero grande di cui non siamo padroni».
Domenica celebrerà la messa solenne nella cattedrale deserta. Che Pasqua sarà?
«I riti, perfino quelli di Pasqua, sono i segni necessari di un evento che ha efficacia comunque. E l'evento è la morte e la risurrezione di Gesù, e grazie ad esso la salvezza che viene trasmessa a coloro che credono. La condizione basilare è la fede. Anche i riti non hanno nessuna efficacia senza una fede viva. In una condizione eccezionale come l'attuale, si tratta di alimentare la fede, anche dovendo fare a meno dei riti. La domanda pertanto è: come ciascuno di noi e le nostre famiglie celebrano e pregano la Pasqua?».
Vittorio Buongiorno
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