Sindacati, superstipendi ai dirigenti
e nessuna trasparenza

Sindacati, superstipendi ai dirigenti e nessuna trasparenza
di Oscar Giannino
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Lunedì 10 Agosto 2015, 23:58 - Ultimo aggiornamento: 11 Agosto, 19:51

Noi sappiamo perfettamente dall’Istat qual è il reddito medio procapite degli italiani, e di come al sud sia poco più della metà che al nord, e per questo la media italiana supera di poco i 20 mila euro lordi. Quel che invece non sappiamo affatto è il reddito dei sindacalisti. L’unico modo di saperne qualcosa è che qualcuno che li conosce davvero si decida a parlarne. Come è avvenuto ora a Fausto Scandola, iscritto alla Cisl dal 1968 (e ora espulso), che ha pubblicamente chiesto alla sua organizzazione come possano davvero dirsi rappresentanti dei lavoratori dei dirigenti sindacali – dei quali ha fatto nomi e cognomi – che, sommando compensi per il proprio ruolo e quelli per incarichi ricoperti grazie al proprio ruolo, arrivano a sfiorare i 300 mila euro lordi di reddito annuo. Cioè più del Capo dello Stato italiano, ovviamente più di Obama, nonché più del massimo consentito per legge a qualunque dirigente pubblico. E ben 15 volte tanto, rispetto al reddito medio degli italiani.

LE AUTODICHIARAZIONI

Ogni tanto, negli anni, le confederazioni dichiaravano delle cifre di compenso dei vertici apicali. Fino ai tempi di Epifani segretario della Cgil, la sua retribuzione mensile lorda dichiarata era di poco superiore ai 3 mila euro (netti, dunque sui 75 mila euro lordi annui), e la dozzina di membri della segreteria nazionale confederale sotto i 3 mila euro.

Leggermente superiore quella di Angeletti alla Uil, e dei suoi membri della segreteria rispetto a quelli Cgil. Mentre il capo della Fiom, Landini, ancora oggi starebbe sotto i 3 mila euro, visto che nel 2013 ne dichiarava 2250 (netti).

In realtà, eccezion fatta per la Fiom, le cifre fornite dalle confederazioni sono sempre state non del tutto controllabili. La vicenda del predecessore della Furlan, Raffaele Bonanni travolto proprio dall’emergere della incredibile crescita della sua retribuzione negli ultimi 5 anni di guida della Cisl, avrebbe dovuto rappresentare un punto di svolta. Bonanni è andato a casa e sparito in silenzio, dopo che dai 118 mila euro lordi del 2006 passò vertiginosamente ai 336 mila dell’ultimo anno di guida Cisl. E naturalmente facendo media piena a fini previdenziali degli ultimi 5 anni di maxi-salari, perché non soggetto alla riforma Dini né Fornero e potendo contare su pensione pienamente retributiva. Della Furlan, l’attuale leader Cisl, sappiamo la retribuzione 2008, che era di 99 mila euro lordi, e siamo in attesa di capire ora a quanto è salita. Quanto alla trasparenza, la Furlan afferma che «verrà messo tutto on line».

Nessuna trasparenza, invece, per due ordini di ragioni. La prima è che ridicolmente ci direbbero solo i compensi diretti per gli incarichi sindacali, e non quelli complessivi per gli incarichi in società consorzi e quant’altro ottenuti grazie ai ruoli sindacali. Questione di privacy. Per questa stessa ragione, non possiamo sapere i nomi dei 17.319 sindacalisti che hanno beneficiato della norma contenuta nel decreto 564 del 1996, sulle cosiddette ”pensioni d'oro”.

La seconda ragione è che nel nostro Paese la politica si è ben guardata dall’attuare l’articolo 39 della Costituzione, disciplinando cioè per legge i diritti ma anche i doveri dei sindacati, tra cui il rispetto pieno della democrazia interna e gli obblighi di trasparenza finanziaria. Per questo, i sindacati in Italia sono praticamente associazioni private, e non sono affatto tenute a redigere un bilancio consolidato nazionale, né economico né patrimoniale.

NESSUN OBBLIGO

Nessun obbligo di bilancio consolidato consente di aggirare con enorme facilità il quesito di quanto pesi la retribuzione di dirigenti e quadri sindacali sul totale delle risorse delle confederazioni. La Furlan dice ora che l’impegno diverrà girare alle strutture territoriali e aziendali il 70% delle entrare della Cisl: ma di quali entrate, quelle derivanti dagli iscritti, o quelle a cui si perviene sommando Caf, patronati e immobili? Perché se sommiamo la stima che le tessere di iscritti lavoratori (oltre 6 milioni) e pensionati (di più) producono ai tre sindacati confederali arriviamo intorno ai 900 milioni dai primi e 300 dai pensionati, circa 1,2 miliardi. Ma la somma si moltiplica, sommando i proventi da Caf, patronati, e redditi dalla gestione di – si stima - oltre 10 mila immobili di Cgil, Cisl e Uil.

Qual è l’alternativa, a questo regime di pazzesca discrezionalità difeso con le unghie proprio dai sindacati che gridano ogni giorno per la mancata trasparenza delle imprese e della pubblica amministrazione? Magari il modello britannico. Nel Regno Unito un organo pubblico, il Government Certification Officer, ha il compito di tenere ufficialmente gli elenchi degli iscritti a sindacati e associazioni datoriali. Annualmente i lavoratori e i cittadini britannici sanno tutto delle retribuzioni di centinaia di sindacalisti, territoriali e nazionali, di ogni categoria e incarico. Attualmente, un pugno sta poco sotto o poco sopra le 100 mila sterline annue lorde, la media sta sulle 40 mila, moltissimi sotto. Fate il paragone con l’Italia, giudicate voi cosa sia meglio.

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