Sasha Waltz alla Biennale: «Superiamo le barriere a passo di danza»

Impromptus di Sasha Waltz alla Biennale Danza 2019
di Simona Antonucci
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Domenica 30 Giugno 2019, 19:10

VENEZIA
«Nella danza siamo persone. Uomini, donne? Individui liberi. La nostra fantasia si nutre del contatto tra i corpi. E qualsiasi classificazione di natura artistica o sessuale rappresenterebbe un ostacolo al nostro processo creativo».

Sasha Waltz coreografa e regista tedesca, che ha costruito il suo percorso tra teatri e musei, affiancando installazioni a balletti, opere liriche a impegno sociale, è stata appena salutata da lunghi applausi al Teatro alle Tese, per il suo
Impromputs. Titolo storico del suo catalogo, è stato riproposto alla Biennale Danza di Venezia che, tra anteprime di maestri, capolavori e debutti di nuovi talenti, ha guidato gli spettatori nelle mille sfumature del movimento contemporaneo.
 

 

Dal Leone d’Oro Alessandro Sciarroni al maestro William Forsythe che ha traghettato la classica verso le forme dinamiche del XXI secolo, una marcia attraverso la realtà in cui viviamo, segnando passi verso tante liberazioni: generi, pregiudizi, etichette.

Scambi fluidi, incontri armonici, duetti morbidi, rotolando nello spazio, nella vernice o nell’acqua: sul palco i sette interpreti di Waltz “conversano” con la musica e con il pubblico utilizzando tutti i linguaggi delle mani, degli occhi, della pelle. Pagine di Schubert eseguite dal vivo, accompagnano le coppie e i gruppi lungo piattaforme rialzate e sovrapposte: «Per trovare equilibro e stabilità, bisogna sempre combattere», aggiunge Sasha, «e oggi è su queste zattere alla deriva, come la nave dei migranti esposta qui alla Biennale arte, che si consumano le relazioni umane».

Riflessioni sul vagabondare e sulla ricerca di una propria “casa”, temi diventati centrali per la coreografa che a Berlino, dove dirige lo Staatsballett, ha fondato il Festival dell’Ascolto: «Mi sono domandata che cosa avesse da dire la danza sulle urgenze della società. Abbiamo messo su questo centro dove lavoriamo con i rifugiati, ascoltiamo le loro storie e incrociamo le esperienze per creare spettacoli e soprattutto per crescere nuove leve. I giovani sono il nutrimento della società».

Con Waltz, uno dei momenti salienti del Festival, firmato anche quest’anno da Marie Chouinard. Per l’inaugurazione, il debutto in prima italiana degli spettacoli dei premiati: il Leone d’Argento Affordable Solution for Better Living, in linea con le suggestioni di Biennale Arte, firmato dall’artista e regista Théo Mercier e dal danzatore e coreografo Steven Michel, che ne è stato anche interprete.

E a seguire due titoli rappresentativi di Sciarroni, Leone d’Oro di questa edizione. Il performer, coreografo ha presentato
Your Girl, spettacolo rivelazione, e Augusto, l’ultimo lavoro. «I premi», spiega Sciarroni, «servono ad aprire questioni. Vorrei che si iniziasse a riflettere sull’importanza di rendere accessibile la formazione per attori e performer anche a corpi non conformi. E che sempre più autori iniziassero e vedere nella variabilità della forma un potenziale e non solamente un rischio».

Il festival è proseguito con nuove rivelazioni (Germain, Sigfùsdòttir, De Nobili) artisti-ricercatori (Moura, Bertozzi, Uhlich, Chico e Matijevic), coreografie d’impatto (Gunn, George e Kok, Poggi e Rosso).
Con i giovani di Biennale College e con grandi nomi della scena internazionale, tra cui Forsythe che ha presentato qui
A Quiet Evening of Dance (al Romaeuropa Festival, il 30 e il 31 ottobre) dove rivisita il suo quarantennale percorso.

 Parte dello spettacolo venne pensato per due danzatrici e poi rivisto per due danzatori perché nella sua concezione dell’arte non esistono barriere: tra uomini e donne, ma anche tra rigore e hip hop. «I percorsi di pensiero originali e alternativi», spiega Forsythe, «vanno costantemente messi in discussione». 

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