L’omicidio di Desirée Mariottini, la Procura generale: «Confermate le condanne»

L'accusa per l'omicidio della sedicenne di Cisterna chiede una condanna all’ergastolo, una a 24 anni e una a 27 di carcere

Desirée Mariottini
di Elena Ganelli
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Giovedì 16 Maggio 2024, 06:40

Una condanna all’ergastolo, una a 24 anni di carcere e una a 27 anni. Queste le richieste dell’accusa nel processo bis in Corte di appello di Roma per la morte della 16enne di Cisterna Desirée Mariottini. Una ferita che resta aperta nella comunità pontina e in quella di Cisterna dove la ragazzina viveva con la famiglia. Fu drogata e violentata in un palazzo diroccato a Roma, nel quartiere San Lorenzo, il 19 ottobre del 2018, una morte terribile, una morta che si sarebbe potuta evitare se si fossero chiamati i soccorsi in quel palazzo regno del degrado in via dei Lucani.

Il processo di secondo grado è ripartito da capo in seguito al pronunciamento della Corte di Cassazione dello scorso ottobre che ha riformato il verdetto per alcuni degli imputati. I giudici della Suprema Corte avevano confermato la responsabilità di Salia Yusif, Alinno Chima e Minteh Brian per l’omicidio e annullato con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione la posizione di Mamadou Gara, avevano invece confermato le accuse nei confronti di Salia Yusif e Mamadou Gara per quanto riguarda la violenza sessuale annullando però, in questo caso senza rinvio, il giudizio per Salia per il fatto che il reato sarebbe stato assorbito in quello più grave di omicidio

Nell’udienza di ieri la Procura generale della Corte d'appello di Roma ha chiesto tre condanne così come da sentenza della precedente sezione: l’ergastolo con isolamento diurno per un anno, nei confronti di Mamadou Gara; 24 e 27 anni di reclusione rispettivamente per Brian Minthe e Alinno Chima. Per Yousef Salia la condanna al carcere a vita è invece già definitiva.

In questo nuovo processo l’accusa deve dimostrare la responsabilità di Gara anche nell’omicidio provando la sua presenza nella fase finale quando alcuni degli imputati, consapevoli delle condizioni della ragazza, dissero: «Meglio lei morta che noi in galera» impedendo a qualcuno di chiamare i soccorsi grazie ai quali probabilmente la 16enne avrebbe potuto essere salvata.

«La somministrazione delle sostanze stupefacenti ingerite dalla vittima fin dalla mattina del 18 ottobre 2018, che le provocavano l’overdose, - hanno scritto i giudici di Cassazione nelle motivazioni della sentenza - si collegavano con le condotte relative alla mancata attivazione dei soggetti presenti nella sala del crack, dove la minore era stata lasciata agonizzante su un letto senza essere soccorsa. Comunque - spiegano ancora - è incontroverso che gli imputati erano a conoscenza della condizione di estrema debilitazione psico-fisica della minore prima di morire, essendo stata l’overdose provocata dalla reiterata somministrazione di sostanze stupefacenti».

Nell’udienza di ieri hanno preso la parola anche i legali delle parti civili costituite per i familiari della vittima: Maria Belli che assiste Barbara Mariottini, madre di Desirée; Claudia Sorrenti che rappresenta la zia della vittima e Maria Teresa Ciotti per i nonni materni che si sono associate alla richiesta dell’accusa nella conferma della sentenza di secondo grado. Si torna in aula il 29 maggio con l’intervento della difesa.

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